Terminata l'analisi delle quattro virtù cardinali dei Pollaiolo, cioè Temperanza, Giustizia, Prudenza e Fortezza, passiamo ora a quelle teologali, iniziando con la Carità.
Si tratta di un dipinto a olio su tavola di Piero del Pollaiolo, realizzato nel 1469 e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
Carità è un termine derivante dal latino caritas che significa benevolenza, affetto. Nella teologia cristiana è una delle tre virtù teologali, insieme a Fede e Speranza.
Nell'opera del Pollaiolo vediamo l'icona di una donna, prosopopea della carità, che allatta un bambino, simbolo del bisogno, delle necessità umane e sineddoche dell'intera umanità bisognosa.
Nell'altra mano la Carità regge una fiamma, simbolo dell'amore ardente e disinteressato verso il prossimo.
Il suo colore caratteristico è il rosso, che viene percepito come passione, non sensuale ma dell'anima, amore ardente.
Come le altre virtù, anche la Carità siede su un trono, simbolo del suo dominio sulle anime dei giusti.
Nel cristianesimo, il termine "carità" è simbolo dell'amore nei confronti degli altri; è la più alta perfezione dello spirito umano, poiché imita la natura di Dio, puro amore, creando quindi una similitudine tra il Creatore e quelle, fra le sue creature, più spiritualmente elevate, in grado di esercitare questa virtù.
Il Crocifisso di Cimabue, del 1280, a Santa Croce in Firenze, icona del martire ricolmo di agápē |
Nelle sue forme più estreme la carità può raggiungere il sacrificio di sé. Questo atteggiamento identifica la carità con l'archetipo del martire.
Attraverso la carità, ovvero rispettando il comandamento dell'amore, l'uomo ottiene la pazienza di sopportare i mali terreni e raggiungere la felicità eterna.
I filosofi neoplatonici con il termine carità per indicavano lo slancio, l'entusiasmo dell'amore verso un coniuge, la famiglia, o una qualunque particolare attività, a differenza della philia, sentimento di amicizia di carattere generalmente non sessuale, e in contrasto con eros, l'attrazione carnale.
Platone |
Infine l'Inno alla carità, conosciuto anche come Inno dell'amore, identifica il famoso brano tratto dal tredicesimo capitolo della Prima lettera ai Corinzi di Paolo di Tarso, nel quale viene esaltata la virtù teologale della carità cristiana come atteggiamento interiore.
San Paolo |
- nella prima (13,1-3) la carità è descritta come atteggiamento interiore, in confronto ad altre forme di amore "esteriore"; anche rispetto ai doni più ricchi, l'uomo senza carità non ha valore morale. In particolare Paolo usa il termine "agape" che, come si è già sottolineato, esprime la donazione totale di sé all'altro, anziché il termine quasi sinonimo di "eros" che invece presuppone possesso e appagamento.
- nella seconda parte (13,3-7) vengono descritte le caratteristiche della carità («la carità è paziente, [...] benigna, non è invidiosa, non si vanta, ...») e di conseguenza gli atteggiamenti d'animo e le virtù che hanno essa come presupposto.
- nella terza parte (13,8-12), Paolo si sofferma sul valore «eterno» della carità («la carità non avrà mai fine») rispetto agli altri doni, che «svaniranno» nel momento della beatitudine eterna
Nell'ultimo versetto (13,13), l'autore sottolinea come, anche in confronto alle altre virtù teologali e dunque «eterne», la carità sia la più grande: «Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità».
I SIGNIFICATI DELLA CARITÀ
Reviewed by Polisemantica
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lunedì, novembre 05, 2018
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