Il nostro viaggio alla scoperta dei simboli delle virtù continua con la Fede, dipinto a olio su tavola di Piero del Pollaiolo, del 1470, conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
L'icona di una giovane donna in trono è prosopopea di questa virtù teologale, cioè infusa direttamente all'Uomo da Dio. La Fede regge in una mano il calice e la patena, mentre nell'altra brandisce una croce. Il suo colore caratteristico è il bianco, simbolo di purezza e apertura.
Il trono è simbolo del dominio che tale virtù ha sui cuori dei credenti.
Il calice, il sacro Graal, coppa con la quale Gesù celebrò l'Ultima Cena e nella quale Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue di Cristo dopo la sua crocifissione, è simbolo della Nuova Alleanza di Dio con l'Uomo, in seguito a quella sancita con un arcobaleno dopo il Diluvio Universale e tale per cui Dio promise che mai più avrebbe cercato di annientare l'Uomo per la sua malvagità e ulteriormente ribadita con le tavole della Legge a Mosè, che venivano custodite nell'Arca dell'Alleanza.
Scopo di tale Alleanza è il patto di collaborazione tra Dio e l'Uomo, tale per cui Dio promette la sua vicinanza e aiuto durante la breve esistenza umana e la felicità nella vita eterna post mortem in cambio dell'osservanza dei suoi precetti. Si tratta di uno scambio, di una sorta di contratto d'onore.
Il calice è anche simbolo dell'unione della natura divina a quella umana di Gesù, figlio di Dio e dell'unione della nostra vita mortale a quella immortale di Gesù. Tale unione genera l'ossimoro del concetto di divinità umana o di umanità divina.
Nel Rito Romano (Novus Ordo), dopo la preghiera Universale, il celebrante versa il vino con una goccia di acqua recitando sottovoce questa formula: "L'acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita Divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana"
Il calice è simbolo però, antiteticamente, anche dell'amarezza della vita, che deve essere bevuta fino all'ultima goccia, per conquistare la felicità: «Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?» (Gv 18,11). «Padre, se vuoi, allontana da me questo Calice» (Lc 22,42). Tale sacrificio, che anche l'Uomo deve impegnarsi a fare, a pagamento della felicità eterna, viene ribadito dal Cristo stesso nell'ultima cena: «Da ora non berrò più di questo frutto della vita fino al giorno in cui lo berrò di nuovo con voi nel regno del Padre mio» (Mt 26,29).
La patena è un piccolo piatto metallico di forma circolare, utilizzato dal celebrante, durante la Messa, per posarvi l'ostia, icona del recipiente in cui venne spezzato il pane, durante l'Ultima Cena. Il termine patena deriva dal latino patina che significa "piatto, scodella". Simbolo dell'eterna presenza di Gesù, è icona del trono celeste su cui siede accanto al Padre.
Il crocifisso, icona del Figlio di Dio sofferente nel momento della sua passione e morte in croce per la salvezza del mondo, è simbolo del suo sacrificio e della Chiesa tutta.
Ecco che la Fede, tenendo in mano questi tre simboli, li espone al mondo, per testimoniare la verità di questi fatti, realmente accaduti e che continuano ad avere conseguenze per l'Uomo, credente o no, nel presente e nel futuro.
La Fede guarda verso l'alto, e secondo i codici mimetici, questo sguardo simboleggia l'approccio che deve avere un fedele, ovvero tendente a osservare non solo le faccende materiali, ma attento anche all'altra dimensione, quella sovrannaturale, non visibile all'occhio umano ma non per questo meno reale.
Naturalmente, per i codici prossemici, ciò che in basso, simboleggia la materialità della vita, ciò che è in alto, la spiritualità e la trascendenza.
Sono due concetti in antitesi, che solo attraverso la Fede, possono ritrovare la primitiva sintesi in un ossimoro: la naturale trascendenza o la sovrannaturale contingenza.
I SEGNI DELLA FEDE
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giovedì, novembre 08, 2018
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