APOCALITTICI E INTEGRATI - GIANFRANCO MARRONE



Nuova puntata di "Apocalittici e integrati" indagine sul presente e sul futuro della comunicazione, in Italia e nel mondo che prende spunto dall'omonimo saggio di da Umberto Eco in cui il semiologo analizzava gli aspetti positivi e quelli negativi della cultura di massa e mass-media.

Interviene alla discussione Gianfranco Marrone, saggista e scrittore, E' professore ordinario di Semiotica nell'Università di Palermo.

Giornalista pubblicista, collabora a "Tuttolibri" de "La Stampa", "doppiozero" e "Alfabeta2". Fa parte del Comitato scientifico del Centro internazionale di scienze semiotiche di Urbino, e delle riviste Versus, Carte semiotiche, Lexia, Actes Sémiotiques, Ocula, LId'O. Con Paolo Fabbri dirige la collana "Insegne" presso l'editore Mimesis di Milano e "Biblioteca di Semiotica da Meltemi;

Tra i suoi scritti: Il sistema di Barthes (1994), Estetica del telegiornale (1998), L'invenzione del testo (2010), Addio alla Natura (2011), Introduzione alla semiotica del testo (2011),  Dilettante per professione (2015), Semiotica del gusto (2016), Principes de la sémiotique du texte" 2016; Roland Barthes: parole chiave (2016); Prima lezione di semiotica (2018), Storia di Montalbano (2018).





1) In che stato versa, secondo lei, la comunicazione televisiva, radiofonica, web e cartacea oggi in Italia? E' sana o avrebbe bisogno di qualche cura?


Una cura non potrebbe fare che bene. Evidentemente ci sono settori in crisi e altri in auge, che si alternano ciclicamente, anche a causa di trasformazioni tecnologiche ed economiche. Quel che personalmente mi interessa di più è però la questione culturale, nel doppio senso del termine: i risvolti antropologici della comunicazione, le competenze culturali dei suoi attori.

Per quel che riguarda il primo aspetto, a me sembra che più i media si spacciano per nuovi, tecnologicamente, più sono retrivi culturalmente, oltre che politicamente. Le peggiori ideologie razziste, sessiste, omofobe, etnocentriche etc. passano giusto da quei social che, in linea di principio, dando la parola a tutti dovrebbero essere fonte di democrazia….

Quanto al problema del grado di cultura degli attori della comunicazione, direi che il livello è spaventoso. Si salva come sempre la radio, ma il resto è un disastro. I giornali, in piena crisi di ipercompetizione, sono sempre più banali, e inseguono un lettore il più stupido possibile, che poi sono loro stessi a creare.

La televisione idem. In rete c’è di tutto e di più: è lì, grosso modo, che le cose accadono: in senso positivo come negativo.




2) Secondo lei esiste una differenza fra informazione e comunicazione?

Certamente, è il comandamento basilare delle scienze della comunicazione. Il primo fenomeno è un sottoinsieme del secondo, il quale include molti altri aspetti, come soprattutto quello della socializzazione. Comunicare è mettere in comune: si parla innanzitutto per intrattenere relazioni, solo dopo per passare delle notizie.

Il problema è che questa ovvietà non è mai stata digerita dal mondo della informazione, nel senso giornalistico, terrorizzato di perdere il suo primato storico, il ruolo di leader culturale e politico. Ancora oggi molti pensano che la comunicazione debbano farla i giornalisti, e tutto il resto è pubblicità.

Dimenticando che il vero comunicatore è una figura molto più complessa e più ampia: comunicare bene significa saper mettere in campo strategie adeguate e concertate, di tipo molto diverso, e non dare news più o meno vere, più o meno false.




3) Vale ancora la pena oggi, per un giovane, dedicarsi allo studio della comunicazione e ambire a lavorare in questo contesto?

Assolutamente sì, direi che è una scommessa personale e un dovere sociale, oltre che un diritto.

In un mondo in cui, come diceva Umberto Eco, si va a passo di gambero, cioè si torna spaventosamente indietro, ambire al ruolo di comunicatore, nel senso che ho detto sopra, è molto utile.

Sia per capire i meccanismi profondi di quel che accade, per esempio, in economia, nel marketing, nella politica, ma anche in cose come il terrorismo, le migrazioni forzate, il  sovranismo, la denegazione del problema climatico e via dicendo.





4) La frase "televisione cattiva maestra" è, considerando la situazione attuale in Italia e nel mondo, condivisibile?

Mah, credo proprio di no.

Già quando Popper ne parlava, era una battutaccia di un signore, intelligentissimo in filosofia, ma del tutto incapace di capire i media.

Oggi che le reti e i canali televisivi son pressoché infiniti, non ci sono più maestri, in generale, ma solo offerte di intrattenimento che ognuno decide di acquistare, affiliandosi ora con questo  ora con quella trasmissione.




5) Netflix, le webserie, i reportage su web, i videoblog sostituiranno completamente la fruizione video televisiva o no?

Probabilmente sì, anche se si tratta di fenomeni molto diversi fra loro.

Le serie tv, ad esempio, vanno contemporaneamente su canali diversi, sganciandosi del ricatto del singolo medium.

Orami da tempo i media si intrecciano in continuazione, si traducono fra loro, rivolgendosi allo stesso tempo a pubblici molto eterogenei.





6) Lei si definirebbe apocalittico o integrato?

Nessuno dei due, si tratta di una dicotomia che si ripresenta sempre nella storia della cultura, da Platone ai social, ma che andrebbe del tutto schivata.

Oggi il mondo è pieno di apocalittici e pieno di integrati.

Pochissimi riescono a starne fuori: ma la lotta non è per nulla finita…

APOCALITTICI E INTEGRATI - GIANFRANCO MARRONE APOCALITTICI E INTEGRATI - GIANFRANCO MARRONE Reviewed by Polisemantica on martedì, febbraio 12, 2019 Rating: 5

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