Da molti anni ormai, in televisione, lo spettacolo prende piede, invade territori non suoi, si infiltra in trasmissioni educative, culturali, diventando infine tutt'uno con l'informazione. Tutto l'attuale sistema televisivo è pervaso da questa tendenza alla spettacolarità, alla ricerca dell'evento, del fatto straordinario o perlomeno del modo eclatante di presentare fatti che di per sé, di straordinario non avrebbero alcunché. Tutti sono desiderosi di partecipare a fatti emozionanti, fuori dal comune e la televisione, proprio per la vocazione insita nella sua stessa natura a produrre irrealtà, magie, emozioni, tenta di soddisfare questo bisogno ancestrale dell'uomo dello "spettacolare" inteso come fuoriuscita dagli schemi quotidiani.
Tutto è utilizzato pur di spettacolarizzare qualsiasi trasmissione, telegiornali compresi, che dovrebbero rappresentare il tempio dell'Informazione. Ma l'informazione, tante volte è stato detto dagli studiosi di Polisemantica, non esiste, se non nelle trasmissioni di dati tra macchine. Tutto il resto è comunicazione, ovvero, trasmissione di messaggi arricchiti di valenza emotiva. Molti sono gli artifici usati per raggiungere la spettacolarizzazione dell'evento: lo stesso studio televisivo può diventare occasione di spettacolo. A guardar bene si riscontra una certa dose di spettacolarità anche nei tentativi della emittente di proporre una immagine di se stessa. Non dimentichiamo infatti che le emittenti televisive nel costruire il proprio telespettatore modello, cominciano esse stesse a porsi in relazione con il pubblico in un determinato modo, proponendosi ognuna sotto un profilo diverso; l'immagine che l'emittente propone di se stessa è in relazione all'immagine che essa presuppone del suo ricevente.
I tg della TV pubblica hanno una certa immagine di sé che corrisponde a un'altra immagine sottintesa del suo pubblico. Diversa è senz'altro l'immagine proposta dalla emittente privata, soprattutto quando non si tratta di una delle reti della Mediaset. Così Retequattro offre ( o vorrebbe offrire) spettacolo di qualità, Canale cinque informazione "ad effetto", Rai Tre si propone come Tv verità a livello spettacolare infarcita di cultura , Rai Due è (o almeno era) la TV più spettacolare in assoluto e Rai Uno intende comunicare una certa aria di affidabilità, obiettività, imparzialità, serietà, informazione e cultura.
Il discorso si allarga con i notiziari Sky e con la7.
La relazione istituita tra i partecipanti della comunicazione condiziona profondamente la natura dell'interpretazione del messaggio proposta. La posizione forzosamente e fintamente passiva del ricevente si traduce in realtà in una produzione attiva dell'interpretazione del testo, in quanto proprio la mancanza di feedback (tranne che nei casi di comunicazione integrata anche su Web) impedisce al ricevente di dialogare con l'emittente per verificare la fondatezza della propria lettura.
Come ricorda Cazeneuve ciò che miti e riti realizzavano con la sacralizzazione, i mass media, e soprattutto la televisione fanno con la trasposizione del reale in spettacolo. La spettacolarizzazione degli assassini, delle guerre, delle stragi, degli incidenti diventa l'inversione del tabù, e quindi un modo di accettare il lato angosciante della condizione umana, grazie alla trasformazione del terrificante in spettacolo, in una dimensione catartica e esorcizzante.
Lo spettacolare è insomma la supremazia data all'eccezione sulla regola, all'inquietudine sulla sicurezza. L'individuo ha bisogno di sicurezza e gli fa piacere che lo spettacolo gli mostri la solidità di queste regole, rovesciandone il valore. Lo spettacolare nell'informazione, in meglio nella divulgazione delle notizie, sfrutta inoltre quello che Zarilli e Marino chiamano il "complesso del buco della serratura" in quanto ogni individuo ha la possibilità (o almeno la sensazione) di penetrare nella vita di tutti i suoi simili. Calzavara e Celli insistono sul fatto che gli spettatori, anche dei telegiornali, sono stati educati ad accogliere lo spettacolo senza porsi domande, a consumarlo per il piacere di consumarlo, come un prodotto qualsiasi.
Non dimentichiamo inoltre che nello spettacolo il pubblico sa di poter ritrovare temi e combinazioni di temi già sperimentati in spettacoli analoghi.
Ecco quindi la standardizzazione dei telegiornali, costruiti tutti in modo estremamente simile.
Un esempio di questa tendenza la si osserva nello scenografia degli studi televisivi che ospitano i vari tg: al di là della sua funzione di luogo-scena in cui rappresentare l'azione, il luogo della trasmissione di notizie diventa esso stesso spettacolo (infatti nel far mostra di sé connota di volta in volta affidabilità, modernità,tecnologia, tradizione, professionalità oppure anticonformismo, rottura con la tradizione). Inoltre l'arredo degli studi televisivi dei tg diventa estremamente importante.
Gli oggetti posati sulla scrivania del giornalista o quelli che si intravedono in studio possiedono una funzione prima e un insieme di funzioni accessorie, che non sono altro che connotazioni degli oggetti. Il linguaggio audiovisivo si appoggia largamente agli oggetti rappresentati e ai significati denotativi e connotativi che essi implicano. Il telegiornale è una realtà diacronica più o meno complessa, comunicata attraverso i canali più vari, in grado di essere partecipata attivamente dal pubblico secondo una scansione di ruoli, ciò funzioni che hanno una valenza simbolica e rappresentativa. Il gioco d'azione comunicativo, nel caso dello spettacolo telegiornale, è molto importante per definire la sua funzione comunicativa.
I protagonisti della comunicazione sono coloro che parlano o agiscono nel messaggio, come i giornalisti in studio o in esterni, ma anche coloro che agiscono dietro le quinte ed emettono il messaggio, come il regista del TG o il direttore, in quanto lo confezionano in un certo modo. Ogni giornalista, pur svolgendo lo stesso ruolo in qualunque tg, lo fa però con caratteristiche del tutto personali che quindi costruiscono un personaggio rispetto alle intenzioni e alle presupposizioni dell'emittente. Quindi è lapalissiano sottolineare le differenze che intercorrono tra conduttori quali Cesara Buonamici, Enrico Mentana o Francesco Giorgino.
Un telegiornale "mette in scena" il reale, evocandolo a blocchi, collegando le diverse porzioni tra loro e immaginando il tutto nell'ambito di una trasmissione che comporta la presenza contemporanea di tre "assi cartesiane" che sono la "ripetizione" (certi elementi e certi schemi tornano pressoché identici in momenti diversi,ogni sera), la "serializzazione" (testi diversi si organizzano in una successione ordinata e coerente) e la "dilatazione" (i testi riunendosi tra loro, formano un insieme di lunghezza indefinita, anzi virtualmente infinita). Di queste tre assi è specialmente la serializzazione ad affascinare il pubblico in quanto essa risponde al bisogno infantile di riudire sempre la stessa storia, di trovarsi consolati dal ritorno all'identico.
Attenzione infine all'uso, da parte di tutti i telegiornali, dell'uso di eufemismi, di circonlocuzioni, di allusioni, di mascheramenti espressivi, di linguaggio criptico, da addetti ai lavori, specialmente per le notizie relative all'economia e alla politica. Si tratta in effetti di un tentativo di spettacolarizzazione linguistica.
La chiarezza adamantina non è spettacolare, non promuove il senso di una aspettazione quasi religiosa di fronte allo scatolone elettronico in cui si consumano i "riti magici", il cui linguaggio inaccessibile è retaggio e monopolio dei "sacerdoti dell'immagine", degli addetti ai lavori. La massa cerca consciamente la chiarezza, ma desidera inconsciamente il mistero. Si crea quindi un sillogismo: il telegiornale come liturgia, la liturgia quale spettacolo.
Da cui si deduce che il telegiornale è uno spettacolo.
LO SPETTACOLO TELEGIORNALE
Reviewed by Polisemantica
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mercoledì, febbraio 13, 2019
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