SIMBOLOGIA E ANTITESI DEI SUPPLIZI NELL'INFERNO DI TADDEO DI BARTOLO


Taddeo di Bartolo affrescò nel 1393, nella controfacciata della Collegiata di San Gimignano, un Giudizio Universale il cui Inferno appare ancora oggi meraviglioso e temibile, sublime nel suo tormento angoscioso.

La simbologia alla base della narrazione delle pene inflitte ai peccatori è densa e suggestiva.



I sette peccati capitali sono suddivisi in tre registri orizzontali, in un climax ascendente, dal basso verso l'alto.



Nella fascia inferiore sono sottoposti a supplizio gli accidiosi, ovvero i pigri, coloro che hanno sciupato il tempo donato loro durante l'esistenza terrena, e gli iracondi.


Gli accidiosi, ora che vorrebbero agire, muoversi, fuggire, prendere finalmente una decisione per cambiare la propria condizione, sono condannati a subire senza poter reagire, immobili, inerti, le angherie dei demoni che li tormentano senza posa, per l'eternità. I codici mimetici e gestuali dei dannati sono indice della loro sudditanza fisica e psicologica al male e alle sue conseguenze e simbolo della sapiente Giustizia Divina che li colpisce per similitudine con il peccato che è costato loro la felicità eterna.


Gli iracondi sono invece puniti per antitesi. Infatti, tanto sono stati pronti nella vita a reagire in modo iperbolico alle contrarietà, scatenando la propria aggressività contro gli altri e contro se stessi, ora, per l'eternità sono costretti a subire, immobili, le sevizie dei demoni. Il suicida, che ha volto la sua ira contro il suo corpo, è adesso costretto a subire, impotente, l'aggressione dell'orrendo demone, che lo induce a pugnalarsi, in un attimo perpetuo di orrore. Così gli altri dannati vengono violentati, torturati, stuprati, infierendo senza pietà contro di loro che, inermi, possono solo subire e soffrire.

I demoni torturatori sono tinti di nero o colori scuri, simbolo del male, con corna e zampe artigliate, simbolo di bestialità ottusa e malvagia, e impugnano armi o strumenti atti a colpire, simbolo di malvagia aggressione e dolore inferto ai malcapitati.

Nella fascia mediana sono inseriti i dannati che si macchiarono dei peccati della carne. Questo registro è suddiviso in tre gruppi allegorici, dedicati alla gola, all'avidità (denominata in latino avaritia) e alla lussuria.


La prima pena, quella dei golosi, è antitetica al peccato commesso: una tavola riccamente imbandita, simbolo di esagerato desiderio di cibo, è mostrata ai ghiottoni che la bramano ma non possono raggiungerla per divorare il lauto banchetto, come facevano in vita.

Numerosi demoni sogghignanti, obbligandoli a guardare le pietanze e annusarne i profumi, li bloccano, ghermendoli alle spalle.

La pena allude al tormento di Tantalo, figura mitologica condannata al medesimo supplizio per aver rubato agli dei il nettare e l'ambrosia. Il ventre gonfio e molle dei dannati è indice della loro ingorda mania di ingurgitare cibo, deturpando in tal modo, oltre la propria anima, anche il proprio corpo, ingrassato oscenamente a dismisura e non più armonioso come progettato dal Divino Artefice.

La loro obesità è simbolo di disordine, di esagerazione.


Nel secondo gruppo, quello centrale, viene punita l’avidità.

Per similitudine l’avido strozzino che ha soffocato per soldi, con interessi abnormi, la vita degli altri, cui aveva prestato denaro, è adesso strangolato con la corda che regge la sua scarsella di monete, simbolo del suo peccato.

Un secondo usuraio è condannato a ingozzarsi del medesimo sterco del diavolo, simbolo del denaro che tanto ha desiderato e inseguito per tutta la vita,disposto a tutto per possederlo, e per similitudine, così come voleva accaparrarselo e tenerlo nelle sue bisacce, adesso è costretto a ingoiarlo senza posa, rendendo se stesso una enorme oscena bisaccia di quel metallo che credeva tanto prezioso e che adesso è solo troppo pesante.

Un avido mugnaio, che ha rubato durante la sua esistenza parte della farina prodotta dal grano che era tenuto a macinare per i suoi clienti, è adesso, ridotto a uno scheletro, da pingue che era durante la vita.

Viene ingozzato dai diavoli della farina che ha rubato per tutta la vita, ma stavolta non può più ingrassare: come dice il detto, "la farina del diavolo va tutta in crusca". Sulle sue spalle porta il peso dei suoi peccati, simboleggiato dal sacco pesante di farina.

Un altro usuraio è legato a un palo, immobilizzato e pugnalato come lui, durante la vita, ha immobilizzato la vita e ferito l'esistenza, metaforicamente, delle persone che avevano difficoltà a restituire gli esosi interessi del debito.


Nel terzo gruppo allegorico sono puniti i lussuriosi, coloro che hanno abusato del proprio corpo e di quello degli altri, dimenticando che esso era il Tempio dello Spirito e che per questo meritava rispetto.

Qui sono puniti il sodomita, l'adultera e il ruffiano

Il sodomita viene impalato su uno spiedo che termina in bocca al suo amante, evidente allusione alla pratica omosessuale che viene punita con una pena in similitudine al peccato contro natura commesso.

L'adultera che non ha avuto scrupolo a offrire il proprio corpo a uso e consumo di quanti volessero e che non l'ha conservato casto nella fecondità del matrimonio, viene ora palpeggiata e molestata sessualmente da un lubrico e orrido demone che lei detesta e teme.

Il ruffiano che per compenso o interesse personale, ha agevolato amori disonesti di altri, viene frustato insieme alla sua complice, probabilmente una seduttrice. La fustigazione era la pena stabilita per i ruffiani da alcuni statuti comunali.


Infine, nel terzo registro, quello più in alto, appare Lucifero circondato da superbi e invidiosi, che si sono macchiati del suo medesimo peccato contro Dio.

Il principe dei demoni appare rappresentato come trifauce, come in altri capolavori infernali e come appare nella Divina Commedia di Dante, defeca un superbo, stritola altri due dannati e artiglia personaggi noti nei Vangeli o dalla Bibbia per la loro manifesta malvagità quali  Simon Mago, Nerone, Averroè, Massenzio, Nabucodonosor, il Faraone, Erode e Caino.


Nel gruppo della superbia vediamo il bestemmiatore che viene tranciato da una sega, simbolo della lacerazione che ogni bestemmia genera nell'anima che nasce sacra e che viene quindi smembrata da se stessa da ogni parola blasfema indirizzata al suo Creatore.

La peccatrice vanagloriosa si compiace allo specchio, simbolo di vanità mentre un demone, icona di un'arpia, le defeca sulla testa, codice gestuale simbolo di disprezzo.


Nel gruppo dell'invidia un calunniatore che ha dato falsa testimonianza è ricoperto di scorpioni, simbolo di malvagità e costretto a ingoiare un liquido bollente, pena dovuta all'uso smodato e malvagio che ha fatto della sua voce quando era in vita.

Vi sono poi altri due dannati impiccati, per i piedi e per la lingua e un invidioso è sventrato dai demoni che fanno scempio sul suo corpo, per similitudine  allo scempio fatto sulle vite di coloro che invidiava e di cui il dannato ha provocato la rovina.

Possiamo notare che tutta l'opera si ispira alle pene infernali che ritroviamo nella Divina Commedia e che esse si esplicano o per antitesi (per contrappasso direbbe Dante) o per similitudine ai peccati commessi durante la breve ma rovinosa parentesi terrena degli ospiti di Satana.


Qui trovate un documentario relativo alla simbologia dei demoni, tratto dalla serie "SACRUM - i simboli nelle religioni", in alta qualità, sul nostro canale video.

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SIMBOLOGIA E ANTITESI DEI SUPPLIZI NELL'INFERNO DI TADDEO DI BARTOLO SIMBOLOGIA E ANTITESI DEI SUPPLIZI NELL'INFERNO DI TADDEO DI BARTOLO Reviewed by Polisemantica on lunedì, gennaio 13, 2020 Rating: 5

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