SAN GIORGIO, LA PRINCIPESSA E IL DRAGO


La storia narrata nell'affresco "San Giorgio e la principessa" di Pisanello, si rifà alla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, del XIII secolo: secondo la vicenda un drago, dal fiato pestilenziale, ammorbava il lago della città di Silena, in Libia.

Per placarlo, ogni giorno gli abitanti gli davano in pasto due montoni. Quando il bestiame scarseggiava, gli abitanti estraevano a sorte le vittime umane.

Una volta venne prescelta la figlia del re, che fu condotta al lago per essere divorata. Per sua fortuna sopraggiunse il cavaliere romano Giorgio che sfidò il drago, lo sconfisse, poi convertì gli abitanti e proseguì verso la Palestina.



Giorgio era originario della Cappadocia, regione dell'odierna Turchia e nacque verso l'anno 280. Trasferitosi in Palestina, si arruolò nell'esercito dell'imperatore Diocleziano, comportandosi da valoroso soldato, e fu martirizzato durante le persecuzioni contro i cristiani.

L'affresco si trova nella chiesa di Santa Anastasia a Verona, nella parete esterna, sopra l'arco, della cappella Pellegrini (o "Giusti"). Capolavoro del tardo gotico, fu realizzato tra il 1433 e il 1438 da Antonio di Puccio Pisano, meglio conosciuto come Pisanello, che nacque a Verona intorno al 1395 e morì forse a Napoli intorno al 1455.


L'opera era composta da due parti, quella destra, con il commiato di san Giorgio dalla principessa di Trebisonda, che ci è pervenuta in condizioni buone, e quella sinistra, con il drago al di là del mare, che è quasi totalmente perduta.

La parte superstite mostra un momento critico della storia di san Giorgio, simbolo dell'Occidente, quando sta salendo sul suo cavallo bianco, simbolo di luce, sole, giorno, vitalità, resurrezione, per imbarcarsi e andare a uccidere il drago, simbolo dell'impero turco, che si accingeva a divorare la figlia del re della città, simbolo di Costantinopoli.

In questo dipinto la principessa fu impersonata da Maria Comnena, figlia di Alessio IV Comneno di Trebisonda e di Teodora Cantacuzena che sposò nel 1427 Giovanni VIII Paleologo. Era considerata una delle donne più belle del suo tempo.


La principessa ha un'acconciatura molto elaborata, con l'attaccatura della capigliatura altissima, secondo la moda dei primi decenni del secolo, ottenuta depilando i capelli sulla fronte e le tempie con una candela accesa. Il suo abito sontuoso è di stoffa e pelliccia. Tali codici dell'abbigliamento e dell'acconciatura la identificano proprio come principessa.

Accanto a lei vi sono alcuni animali: un ariete accovacciato, un levriero e un cagnolino da compagnia.

L’ariete è uno dei simboli maggiori dell'energia, del dinamismo e della rigenerazione. Unisce i simboli della fertilità e del sacrificio. L’ariete d'oro nei templi di Israele era simbolo della presenza di Dio. Spesso è usato come simbolo di Gesù Cristo, sottolineandone il sacrificio e la natura redentrice.


Il cane è in generale simbolo di lealtà, amicizia. Il levriero insiste maggiormente sulla simbologia dell'amicizia spinta sino al sacrificio personale, rifacendosi alla antica leggenda del Santo Levriero che salvò il bambino del suo signore da un serpente velenoso ma che all'inizio, a causa di un equivoco, essendo stato creduto colpevole di aver ucciso il bambino, per il sangue che aveva sul muso, fu decapitato dal suo padrone. Poco dopo il cavaliere si rese conto del tragico errore: il suo fidato levriero aveva dato la vita per proteggere il bambino da un serpente grande e velenoso.



Il levriero diventa simbolo quindi di San Giorgio e del suo sacrificio.

Nella mitologia greca la figura del Cane ricorre continuamente come custode (per esempio Cerbero, custode del regno dei morti). È protettore, fedele seguace delle divinità , come i cani da caccia di Artemide, e guida spirituale.


Il pericoloso drago è simbolo del sultano ottomano Murad II, con i due cuccioli, uno più grande (Maometto II) e uno più piccolo (Alaeddin Alì).

Interessanti i ritratti per il loro codici mimetici: tra questi spiccano i due volti grotteschi a sinistra, forse due "turcimanni", icone degli Ottomani che stavano assediando l'Impero bizantino.


Ricchi i codici dell'architettura. Pur essendo rappresentata Trebisonda, vediamo che la torre merlata ricorda da vicino quella di Arnolfo, a Firenze mentre il campanile appuntito è simile a quello della Badia Fiorentina.

Nel lato perduto del dipinto si sono salvati pochi dettagli, come quello, una salamandra che cammina tra i resti dei pasti del drago. La salamandra simboleggia la costanza, la resistenza al male e ai nemici, e inoltre il valore militare, perché si riteneva che potesse resistere in mezzo alle fiamme.


Accanto a Giorgio, guerriero a servizio del Bene, un cavallo ha le froge tagliate: era la crudele usanza orientale per permettergli di respirare meglio nella corsa.

Sopra il re, a cavalcioni di un mulo bardato e riconoscibile per il mantello d'ermellino, si vede un patibolo: i cadaveri di due impiccati, coi pantaloni abbassati, in segno di derisione, offrono una sorta di danza macabra, lugubre monito alla vanità del potere.

Accanto, un  corvo gracchia. Nella tradizione alchemica il corvo, a causa del colore nero delle sue piume, rappresenta la putrefazione della materia.


Vi è però anche un arcobaleno, simbolo di redenzione e rinascita.
SAN GIORGIO, LA PRINCIPESSA E IL DRAGO SAN GIORGIO, LA PRINCIPESSA E IL DRAGO Reviewed by Polisemantica on martedì, ottobre 16, 2018 Rating: 5

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