"The Rose and I" è un cortometraggio in VR prodotto da Penrose Studios in cui la storia rielaborata de "Il Piccolo Principe" prende vita in realtà virtuale.
La realtà virtuale crea nuove modalità di fruizione e cambia profondamente la grammatica visiva e temporale degli artefatti comunicativi del futuro.
La storia è deliziosa, ma più che sulla trama, preferiamo soffermarci sulle caratteristiche di fruizioni che cambiano l'esperienza di comunicazione in ambito VR.
Si tratta di una vera e propria rivoluzione, in cui il fruitore diventa a sua volta emittente in quanto la partecipazione richiesta per l'elaborazione e l'interpretazione del testo visivo a lui richiesta, è altissima: non solo, come al solito, deve dare un senso al testo. ma inoltre deve decidere le inquadrature, i percorsi visivi e gli angoli di ripresa, da sempre monopolio del regista per sollecitare gli animi del pubblico e dare un senso alla storia narrata.
Non dimentichiamo l’assunto che ci lancia Umberto Eco: “Il testo è macchina pigra e ha bisogno di lavoro cooperativo tra i due attanti”
Umberto Eco e la teoria della cooperazione comunicativa |
L'autore di un fumetto richiede ai suoi lettori una partecipazione alla creazione del messaggio che vuole veicolare molto diversa dalla collaborazione richiesta dall'autore di un testo universitario di chimica ai suoi studenti.
In altre parole, chi comunica si aspetta dal suo destinatario una collaborazione, un contributo, alla creazione del testo che sta fruendo, del film che sta guardando, dell'esperienza virtuale che sta vivendo.
In "The rose and I", come nei migliori testi di realtà virtuale, il lavoro di cooperazione richiesta è enorme. Dal punto di vista di comprensione della trama, minimo, ma dal punto di vista delle connotazioni, inferenze, presupposizioni e implicazioni è decisamente grande.
Il fruitore VR può scegliere anche il punto di osservazione della scena |
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E' l'utente a organizzare il testo visivo virtuale in percorso sequenziale, tale per cui l’occhio tende a seguire un percorso a Z, ed è usato normalmente quando, in testi non virtuali, l’autore intende guidare lo sguardo del suo destinatario attraverso una serie di elementi per far sì che il messaggio arrivi dopo aver, per così dire, sommato un certo numero di concetti visivi oppure a scegliere l'assiale, quando l’oggetto di interesse visivo è collocato al centro di una composizione e si vuole concentrare immediatamente l’attenzione su un unico concetto basilare.
Cambia quindi la "spazializzazione", una delle tre variabili, insieme a temporizzazione e attorizzazione, delle categorie discorsive.
Con la scelta delle inquadrature da parte del fruitore cambia la percezione di senso |
E' lui, non più il regista, che sceglie il campo medio per sottolineare e comprendere meglio le relazioni tra i protagonisti, solo "avvicinandosi" o "allontanandosi" di qualche passo indossando il visore.
La stessa temporalità viene a essere rimescolata: il tempo durante l'esperienza virtuale si dilata.
La percezione di "quanto dura" il cortometraggio quando si indossa il visore o quando si guarda il testo su uno schermo è differente. Un istante visto sullo schermo dura percettivamente molto a lungo se si indossa il visore, in quanto tutti i nostri sensi sono coinvolti.
Questo limite nella tradizionale potestà del regista a inviare un messaggio quanto più possibile univoco attraverso la sua opera progettata in VR, paradossalmente ne aumenta il valore.
Cambia il testo narrativo e quindi deve cambiare anche la regia |
Infatti, nonostante l'apparenza, il lavoro di regia diviene ancora più complesso, in quanto occorrerà prevedere tutte le possibili combinazioni di senso generate cambiando la visuale di riferimento da parte del fruitore e organizzare la narrazione in maniera modulare, complementare e complessa.
THE ROSE AND I, RIVOLUZIONE VIRTUALE DELLA GRAMMATICA FILMICA
Reviewed by Polisemantica
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sabato, dicembre 01, 2018
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