APOCALITTICI E INTEGRATI - STEFANO BARTEZZAGHI



"Apocalittici e integrati" è la nuova serie di interviste che indaga sul presente e sul futuro della comunicazione, in Italia e nel mondo.

Il titolo prende spunto da un famoso saggio di da Umberto Eco del 1964 in cui il semiologo italiano analizzava gli aspetti positivi e quelli negativi della cultura di massa e mass-media.

Oggi discutiamo sull'argomento con Stefano Bartezzaghi, semiologo,  giornalista e scrittore. Insegna allo IULM - Libera Università di Lingue e Comunicazione di Milano.  Direttore del Master in Giornalismo della stessa Università. Ha scritto numerose opere fra cui "Il falò delle novità", "Da dove si comincia?", "L'elmo di Don Chisciotte. Contro la mitologia della creatività". Scrive per la Repubblica e per L'Espresso.




1) In che stato versa, secondo lei, la comunicazione televisiva, radiofonica, web e cartacea oggi in Italia? E' sana o avrebbe bisogno di qualche cura?

Si tratta di un mondo fortemente sfaccettato, quindi il suo stato di salute non è unitario.

In particolare mi pare che l'impatto della comunicazione tramite social media abbia per ora scosso gli assetti comunicativi precedenti senza che si sia ancora configurato un nuovo equilibrio, sia in termini di economia di settore sia in termini più generalmente culturali.




2) Secondo lei esiste una differenza fra informazione e comunicazione?

Certo che sì, e spero che non sia solo un'opinione personale.

Prendo ad esempio il solo fattore deontologico: molti degli scrupoli che un informatore deve farsi, per un comunicatore non sono necessari, o sono lasciati solo alla sua coscienza civile.




3) Vale ancora la pena oggi, per un giovane, dedicarsi allo studio della comunicazione e ambire a lavorare in questo contesto?

Non sempre le due cose sono legate: specificamente, non sempre chi lavora nella comunicazione l'ha studiata. Del resto anche molti dei corsi di scienze della comunicazione non sembrano porsi sempre l'esigenza di una sufficiente profondità dello studio.

Il risultato è che la professione di comunicatore viene considerata come una diramazione dell'arte di arrangiarsi e della prestidigitazione.




4) La frase "televisione cattiva maestra" è, considerando la situazione attuale in Italia e nel mondo, condivisibile?

E' un frase secondo me profondamente sbagliata, non perché la tv sia buona anziché cattiva, ma perché non è maestra.

Bisognerebbe forse dire "Tv, cattiva supplente" perché diventa veramente dannosa solo quando la sua funzione non è delimitata da altre esperienze e da altre competenze dell'individuo e diventa così dominante.





5) Netflix, la webserie, i reportage su web, i videoblog sostituiranno completamente la fruizione video televisiva o no?

Chi lo sa, ma se dovessi scommettere direi no, almeno per il medio periodo.

L'integrazione tv-computer è un primo passo non ancora del tutto compiuto: quando lo sarà, forse la domanda andrà formulata in modo di verso, perché sarà ancor meno possibile comprendere bene un'espressione come "fruizione video televisiva".






6) Lei si definirebbe apocalittico o integrato?

Chiunque abbia almeno vagamente inteso cosa volesse dire Umberto Eco con quei due termini rilutterebbe a farsi definire in un modo o nell'altro: sono due posizioni paradossali e parodistiche.

Però è vero che qualcuno adesso si definisce "apocalittico", senza avvertire alcun imbarazzo.

Oggi essere "contro" la tecnologia nella comunicazione, da apocalittici, sarebbe come essere sfavorevoli all'estinzione dei dinosauri; essere invece convinti, da integrati, che la tecnologia sia la soluzione di ogni problema sarebbe come credere alla crescita delle piante di Zecchini d'oro nel Campo dei miracoli.
APOCALITTICI E INTEGRATI - STEFANO BARTEZZAGHI APOCALITTICI E INTEGRATI - STEFANO BARTEZZAGHI Reviewed by Polisemantica on martedì, gennaio 08, 2019 Rating: 5

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