Le presupposizioni sono le conoscenze date per scontate in chi ascolta, e devono essere usate con attenzione.
Nel parlare comune le usiamo continuamente. Le nostre comunicazioni, altrimenti, diventerebbero oltremodo prolisse.
Le presupposizioni sono utili quando dobbiamo inviare una serie di messaggi sovrapposti a più destinatari con diverse competenze, ma tutti possibili target del medesimo prodotto, creando così un micro-caso di comunicazione relazionale polisemantica (sia pur molto semplificata).
Diventano molto utili anche quando vogliamo creare una storia avvincente con "finale a sorpresa".
La maschera di Jigsaw, simbolo dell'intera produzione |
Un uomo e una donna, lui nudo dentro il letto, lei vestita, seduta su un bordo dello stesso. Lei è triste, lui è preoccupato. Lui dice "non ci vediamo mai, possiamo parlare, almeno cinque minuti?". Lei si alza e un po' infastidita si allontana. Deve uscire, deve andare al lavoro. Chiede, con tono esasperato "Chris, cosa vuoi?" e lui risponde "il divorzio". Fine della scena.
Cosa capisce lo spettatore? Fa due più due e vista la scena, il luogo ove si svolge, il tono del colloquio e i codici mimetici, gestuali e tonali dei protagonisti, deduce, grazie alle presupposizioni che si tratta della scena di due coniugi in crisi.
Amanda Young in una scena del film |
I due erano amanti (lui voleva che lei chiedesse il divorzio da suo marito) e la donna è in realtà la moglie in crisi del protagonista del film che ancora lo spettatore non conosce e che apparirà di lì a poco.
La falsa presupposizione ha fatto credere allo spettatore che il percorso narrativo fosse uno, poi (alla fine del film) scopre che è un altro. L'abile uso della falsa presupposizione iniziale ha creato quindi l'effetto del "colpo di scena".
Trucchi da maestro.
LE FALSE PRESUPPOSIZIONI IN SAW, L'ENIGMA SENZA FINE
Reviewed by Polisemantica
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giovedì, gennaio 25, 2018
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