LA DITTATURA DEL CARINO E LA FALSA SINONIMIA


Il carino, al pari dell'interessante e del bizzarro sono diventati, come fa notare argutamente Guido Vitiello in un articolo apparso sul Corriere, la moneta corrente spesa nelle conversazioni, nei giudizi informali che solitamente vengono espressi dopo aver visitato una mostra, assistito alla proiezione di un film, o semplicemente come commento a una foto su Facebook

Tali aggettivi non si fermano sulla bocca degli spettatori, ma divengono il puntello delle recensioni e della critica d’occasione, che ha sempre bisogno di un carnet di aggettivi-tappabuchi.

Sianne Ngai, anglista alla Stanford University
Secondo Sianne Ngai, una anglista dell'università di Stanford, che ha dedicato un uno studio alle categorie estetiche che dominano la sensibilità corrente, Our Aesthetic Categories: Zany, Cute, Interesting (Harvard University Press), questa terminologia è tipica di una cultura dove sono crollati gli argini tra arte e consumo, arte e design, arte e vita quotidiana, tra la hegeliana «domenica della vita» e la prosa dei giorni feriali.

Una celebre striscia dei Peanuts dove appare l'uso corrente dell'aggettivo carino
Hanno spodestato silenziosamente il bello e il sublime Kantiano, come veri e propri anestetici dei nostri tempi.

Ma questi termini dall'aria apparentemente così dimessa sono tutt'altro che innocui.

Divengono infatti falso sinonimo, o un aggettivo connotativo del termine bello, ma con una sfumatura standardizzante che impedisce di godere della vera bellezza e di inorridire alla reale bruttezza.

Magari primo elemento di un climax ascendente (carino, bello, sublime) ma anche aggettivo che inquadra un'epoca incapace di prendere realmente posizione e di "sentire" intensamente qualunque cosa.
LA DITTATURA DEL CARINO E LA FALSA SINONIMIA LA DITTATURA DEL CARINO E LA FALSA SINONIMIA Reviewed by Polisemantica on martedì, gennaio 23, 2018 Rating: 5

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