Salvatore Quasimodo, in questo periodo della sua vita e della sua produzione letteraria, durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, arde di passione artistica e impegno civile.
L'orrore della devastazione della guerra che ha bruciato milioni di vite, ha incenerito le speranze e i sogni di un'intera generazione, che ha distrutto fra esplosioni e incendi le città, dapprima lo annichilisce poi accende nella sua anima lo sdegno e infiamma i suoi versi, che divengono di denuncia e di ammonimento.
Una delle liriche che maggiormente esprimono l'animo del poeta, in questo periodo della sua produzione artistica è "Alle fronde dei salici"
«E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento».
(da Giorno dopo giorno)
In "Alle fronde dei salici" riecheggia un dolore che attraversa i millenni, e che brucia il cuore, sempre uguale.
Dall'antica schiavitù del popolo ebraico in Babilonia a quella contemporanea al poeta, durante l'occupazione nazista, come si può elevare al cielo il canto della poesia, incenerito dalla violenza?
Non resta che appendere le cetre alle fronde dei salici, non resta che tacere e piangere, contemplando con sbigottimento l'orrore della distruzione e della barbarie.
Oltre alle numerose figure retoriche di parola e di sintassi, come le metonimie e gli enjambements presenti, si evidenzia la sinestesia "urlo nero", che unisce due piani differenti di percezione sensoriale, l'udito e la vista, una sineddoche (piede straniero) e una serie di analogie (lamento d'agnello, triste vento).
Intensa anche la presenza di una metafora nel verso riferito alla "madre che andava incontro al figlio/crocifisso sul palo del telegrafo" che richiama alla memoria l'icona dell'Addolorata ai piedi di Gesù sul Golgota.
Anche la simbologia presente è potente: si passa dal "piede straniero" che rappresenta l'invasione nazista e i bombardamenti degli alleati, alle "cetre", simbolo della poesia e dell'arte che ammutoliscono dinanzi a tanta barbarie.
Il "palo del telegrafo", icona della croce, diviene simbolo del sacrificio imposto dalla modernità e dalle sue tecnologie sempre più sofisticate, anche per dare la morte agli uomini.
Le "fronde dei salici", icone dei salici piangenti, e che richiamano alla mente la protesta e il lamento fatti dagli antichi ebrei schiavi in Babilonia, sono simboli del dolore, della rassegnazione e della mestizia.
In pratica appendere le cetre alle fronde dei salici significava rinunciare alla lirica poetica, in quanto non vi è più niente per cui valga la pena vivere o comporre versi.
In effetti questa ultima è una forma di preterizione, figura retorica di pensiero con la quale si finge di non voler dir nulla di ciò di cui si sta parlando, e quindi lo si dice.
Mentre il poeta afferma con che non comporrà più versi poetici, lo sta facendo con la sua lirica.
Se desiderate conoscere l'intera vicenda umana e artistica di Salvatore Quasimodo, durante gli anni della Guerra, la trovate in questo video di Ars Europa Channel, insieme al suo significato simbolico.
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Intanto, buona visione del terzo episodio (di quattro) del documentario su Quasimodo, della serie video "I principi della poesia", dedicata ai grandi personaggi della letteratura italiana del Novecento.
I VERSI DI FUOCO DI QUASIMODO ALLE FRONDE DEI SALICI
Reviewed by Polisemantica
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venerdì, novembre 22, 2019
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