DANTE E L'INFERNO DELLA CORRUZIONE


Il diciannovesimo canto dell'Inferno di Dante è una fiera invettiva contro i simoniaci, coloro per vendono per denaro le cose sacre e metaforicamente per tutti coloro che per denaro prostituiscono la propria coscienza.

"la vostra avarizia il mondo attrista,
calcando i buoni e sollevando i pravi"


La vostra avidità rattrista il mondo,
calpestando i buoni e sollevando i malvagi.

Inferno, Canto XIX, vv 104, 105

Tra i vari personaggi nella terza bolgia dell'ottavo girone infernale,  riservata ai simoniaci, Dante colloca il papa Niccolò III, nato Giovanni Gaetano Orsini.

Scuola romana, affreschi del sancta sanctorum, 1280 ca., Niccolò III dona la chiesa ai ss. Pietro e Paolo.

Con notevole vis polemica, il Poeta, estremamente sensibile al vizio della simonia, esplode in una celebre invettiva, chiamando in causa con feroce malizia anche il suo personale nemico Bonifacio VIII, nel 1300 ancora in vita ma prossimo inquilino dell'Inferno, come apertamente dichiara lo stesso Niccolò III:

« e veramente fui figliuol dell'orsa,
cupìdo sì per avanzar li orsatti,
che su l'avere, e qui me misi in borsa. »

Inferno, Canto XIX, v 61

Niccolò III, papa Gaetano Orsini, è quindi icona del simoniaco, simbolo della simonia, allegoria del malcostume, sempre esistito e in questi tempi, soprattutto in Italia tanto opprimente, della corruzione.

La corruzione, la vendita per denaro del bene comune, lo scambio pagato per ottenere assoluzioni, raccomandazioni, favori personali e istituzionali, è un cancro che divora la società, lacera i legami sociali, il rapporto tra Istituzioni e cittadini, tra simpatizzanti di un partito e la dirigenza di questo.

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È un male grave, poiché corrompe, imputridisce, dissolve la vitalità di una comunità, di una Chiesa, di un Paese.

Dante, simboleggiandolo con la pena prevista per i simoniaci, lo punisce con la legge del contrappasso, conficcando le anime prave come pali nella pietra infernale a testa in giù, con le piante dei piedi torturate dalle fiamme ardenti, destinate, all'arrivo dell'anima simoniaca del successore, a inserirsi, schiacciata e informe, nella pietra, nel buio e solitudine immense e perpetue dell'eternità infernale.

Le anime prave dei simoniaci, come pali nella pietra infernale a testa in giù, nella celebre illustrazione di Gustave Dorè.

Un Canto quanto mai attuale, il XIX dell'Inferno dantesco.

Se invece di essere opera letteraria fosse verità, il Poeta non avrebbe che l'imbarazzo della scelta fra i nostri contemporanei, da inserire nei pozzi della bolgia infernale.
DANTE E L'INFERNO DELLA CORRUZIONE DANTE E L'INFERNO DELLA CORRUZIONE Reviewed by Polisemantica on venerdì, maggio 24, 2019 Rating: 5

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