L'IMPOSSIBILITÁ DI NON COMUNICARE

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Ogni volta che si comunica si usano dei segni, composti da significati e da significanti.

Un significante è, secondo la definizione del dizionario Garzanti, “l'elemento formale, fonico o grafico, che, insieme al significato, costituisce il segno linguistico”. Il significato è invece “il contenuto semantico di un segno linguistico”.

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Per essere chiari sul concetto di significati e significanti, possiamo per esempio considerare che il significante “cane”(formato dai fonemi c,a,n,e) ha come significato “mammifero quadrupede che abbaia”. Quindi, per esprimere un messaggio in modo chiaro, occorre usare un significante che abbia un significato intelligibile per l’interlocutore, in modo da evitare sia casi di codifica deviante che di decodifica aberrante.

Talvolta però accade che, volontariamente, l’emittente decida di non esprimere direttamente e chiaramente il proprio messaggio, ma preferisca che sia il navigante a dedurlo. I motivi sono i più vari: il desiderio da parte dell’emittente, specie se si tratta di un sito di informazione, a non esporsi direttamente rivelando dei retroscena, oppure voler fare intendere al navigante la sua opinione su una determinata vicenda pur senza presentarla in modo esplicito.

Basta inserire un avverbio come “purtroppo”, “malauguratamente”, “fortunatamente” per dirla lunga su una vicenda, per il resto, narrata in modo obiettivo e neutrale.

In modo analogo, basterà inserire una notizia in un determinato contesto per darle una luce particolare: per esempio, la presenza di una notizia relativa alla maleducazione imperante nelle scuole italiane, una relativa ad un borseggio operato da una baby gang, accanto al dossier sul matricidio e fratricidio avvenuto in una località ligure, fa capire molto chiaramente il punto di vista del sito di informazione in questione: le notizie che appaiono vicine si presumono accomunate da una sorta di analogia, se non addirittura di causa /effetto.

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È come se l’emittente dicesse: “ecco quali sono le estreme conseguenze a cui si va incontro se non si risolve il problema alla radice, cioè imponendo la disciplina nelle scuole, che sono troppo tolleranti e possono divenire una palestra di violenza e di delinquenza.”

Esistono poi le implicazioni. Ad esempio dire “il lupo è stato ammazzato” contiene due implicazioni: la prima è che il lupo è morto, la seconda è che qualcuno ha provocato la sua morte.

Il gioco comunicativo indotto dall’uso del non detto può essere molto efficace, funzionale e stimolante per i due attanti, emittente e navigante. E’ però un gioco raffinato ed occorre essere esperti per ottenere dei buoni risultati.

Il rischio potrebbe essere quello di costruire una impalcatura comunicativa non abbastanza stabile, ch non viene interpretata dal navigante nel modo corretto.

Anche il non detto è quindi un codice comunicativo che deve essere interpretato e deve essere codificato e decodificato in modo esatto, così da evitare che il navigante deduca concetti che non erano quelli che l’emittente voleva mettere “implicitamente” in rilievo.

Inoltre, occorre riflettere che è impossibile non comunicare. Infatti, anche il silenzio comunica.

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Inoltre nel silenzio sono coinvolti canali e codici diversi, verbali e non, che lo rendono ambiguo e polivalente. Il silenzio scandisce le attività quotidiane, le conversazioni, i pensieri. Il silenzio pervade l'arte e la scrittura. Nei giudizi è carico di innocenza e colpevolezza.

Spesso le occasioni di silenzio sono stabilite da schemi culturali condivisi, in relazione ad eventi e luoghi contingenti o a specifiche persone. Altre volte dipendono da scelte individuali, come segnali di atteggiamenti e posizioni assunte dal parlante.

Nella comunicazione orale, il silenzio è fondamentale già a livello fonico, nello scambio dei turni conversazionali ed è una valida risorsa comunicativa, a volte più carica di significato delle parole.

Nella comunicazione faccia a faccia, l'uso del silenzio è motivato dalla compresenza fisica di mittente e destinatario.

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Esso coopera al discorso con delle inferenze conversazionali, in cui si cerca di riempire il vuoto con significati presi da ciò che viene detto o taciuto.

Il silenzio può essere di varie nature: grammaticale, conversazionale, interazionale, cognitivo.

Si può omettere ed elidere, si può tacere per dare la parola a un altra persona e per cambiare argomento. Non si parla per creare suspence o dirottare l'attenzione.

Nei rapporti sociali, il silenzio assume una doppia connotazione contraddittoria. Può indicare distanziamento e superiorità oppure disagio ad inserirsi nel discorso.

Sul piano cognitivo, il silenzio è considerato essenziale nell'apprendimento, mentre è visto come mancanza di conoscenza nel processo di produzione discorsiva.

Accanto al silenzio formale, cioè all'interruzione del flusso comunicativo, c'è il silenzio di contenuto.

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Il "parlare di niente" e il "parlare di altro" diventano mezzi per tacere argomenti sgraditi o dolorosi e colmare il vuoto discorsivo solo in apparenza.

La cultura occidentale, assetata di parole, ha associato al silenzio una connotazione negativa e una sensazione di disagio. Spesso si preferisce parlare anche se non si ha niente da dire.

Nella comunicazione telefonica, in cui il discorso orale perde la componente gestuale, vi sono tuttavia segnali che aiutano la comprensione del silenzio. I rumori di sottofondo nella cornetta ci dicono che la persona con cui stavamo parlando non se n'è andata, che il suo silenzio è una scelta.

Nella comunicazione scritta epistolare, il flusso comunicativo si basa sulla risposta. il silenzio diventa l'infrazione a una norma vincolante, motivo di rimprovero e vergogna.

Ci sono pochi segnali, a volte nessuno, che indichino una scelta o meno del silenzio.

Così, da un lato il silenzio voluto viene segnalato con i codici verbali, mentre il silenzio imposto dalla tecnologia viene immediatamente rimarcato al rientro nella conversazione.

Come nel caso della comunicazione epistolare, ci si difende dall'interruzione di un modello prestabilito e condiviso.

Impossibile da identificare con il vuoto, il silenzio reca invece con sé un frastuono di significanti e significati. Indipendentemente dai vincoli che ne determinano il senso, esso è un potente mezzo di comunicazione, in ogni medium e in ogni tempo.

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Da non dimenticare, aggiungiamo noi, l’importanza delle pause, dei segni di interpunzione, delle interiezioni, dei codici paralinguistici, e la scelta di sinonimi per alcuni termini linguistici .

La comunicazione, essendo una trasmissione di idee, informazioni e concetti, arricchiti però dall’elemento emotive, evoca indiscutibilmente l’impossibilità di essere oggettivi, a meno di non essere una macchina e trasmettere dati.

Infatti solo un macchinario, quale un computer che dialoga con un altro computer può inviare dati privi di qualunque valenza emotiva. L’essere umano ne è organicamente e strutturalmente incapace.

Anche una fotografia, che teoricamente dovrebbe essere espressione della più cruda oggettività è in realtà soggettiva.

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E’ l’emittente/essere umano che dà un valore all’immagine attraverso l’uso dei punti di vista, dell’inquadratura, della saturazione o meno dei colori.

Anche una pseudo non comunicazione, comunica.

Come abbiamo sottolineato, il silenzio è esso stesso segno, elemento costitutivo di un flusso comunicativo sui generis, ma pur sempre  comunicazione.

L'IMPOSSIBILITÁ DI NON COMUNICARE L'IMPOSSIBILITÁ DI NON COMUNICARE Reviewed by Polisemantica on giovedì, aprile 25, 2019 Rating: 5

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