SIMBOLOGIA DEL CICLO DI CRISTO ALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI - TERZA PARTE



Il ciclo di affreschi dedicati alla vita di Gesù nella Cappella degli Scrovegni prosegue nell'Arco trionfale, in cui abbiamo il Tradimento di Giuda

per continuare nel terzo registro, parete sud, dove si ammirano

Ultima Cena
Lavanda dei piedi
Bacio di Giuda
Cristo davanti a Caifa
Cristo deriso

In questo percorso temporale iniziato con la Visitazione, siamo giunti ai capitoli dedicati al Tradimento e alla Passione, Morte e Resurrezione del Figlio di Dio.



Giuda si mette d'accordo con i sacerdoti del Tempio e vende il suo amico e maestro Gesù per denaro.

Vari e numerosi i simboli presenti.

L'icona nera con zampe caprine, orecchie appuntite e mani adunche è simbolo della ispirazione del Maligno che si è impossessato della volontà di Giuda.

Il cambiamento è avvenuto: da amico a nemico, da discepolo a traditore. Tale cambiamento è sottolineato dalla veste gialla, che come al solito evoca il cambiamento (non sempre positivo).

Fra le mani ha un sacchetto ricolmo, simbolo del tradimento appena perpetrato e pagato.

La sua trasformazione è così profonda che la sua aureola viene sostituita da un nimbo scuro, simbolo dell'intenzione malvagia che lo anima.

Inizia il percorso di dolore in cui parrà che il Male abbia il sopravvento, ma sarà solo una vittoria effimera e per un tempo molto limitato, trascorso il quale, la verità e la vita risplenderanno luminose.



La scena seguente, Ultima Cena, è ambientata all'interno del cenacolo, luogo in cui Gesù e i discepoli si riunivano.

Attorno a una tavola imbandita, Gesù mangia con i suoi amici.

Accanto a Lui, con il viso poggiato sul suo petto, appare Giovanni, "il discepolo che Egli amava". La sua posizione, vicino al cuore di Gesù, intende appunto simboleggiarne la condizione di privilegio.

Il tavolo è rettangolare, con Gesù a capotavola, accompagnato da Pietro, che sarà di lì a poco il suo Vicario in Terra, per sottolineare, attraverso i codici prossemici, la gerarchia esistente nel gruppo.

Le aureole dei discepoli appaiono nere solo per l'azione del tempo, non vi sono quindi motivazioni simboliche.

Accanto a Pietro e a Gesù siede Giuda, che quindi era uno fra i discepoli a Lui più vicino .

E' fissato l'istante in cui Gesù rivela a Giovanni chi è il traditore, quello che intinge il suo pezzo di pane nella ciotola insieme a Lui, in un gesto di grande intimità e confidenza.

Tale privilegio e tale condizione di fiducia di cui godeva Giuda (era infatti il tesoriere del gruppo) rendono ancora più grave il suo gesto scellerato.

I codici mimetici di Gesù ci raccontano la sua rassegnazione.

Sa di essere nato per morire in croce e in questo modo restituire la perduta condizione divina a coloro che avessero creduto in Lui.

Sa che sarà necessario un tradimento perché ciò avvenga, ma è rispettoso della libertà di chiunque, anche di chi sceglie di fare il Male e perdere la Salvezza, anche se chi compie tale scelta è uno dei suoi più cari amici.

Il Figlio di Dio conosce il futuro e vede nel cuore degli uomini.

Sa e tace.

Per lui la libertà dell'Essere Umano è più preziosa della sua stessa salvezza.




Nell'episodio della Lavanda dei piedi Gesù riunisce in un singolo atto due gesti simbolici dell'antichità: il primo si rifà a una abluzione rituale ebraica chiamata netilat yadayim, cioè il lavaggio rituale delle mani prima di mangiare il pane, per purificarle e cancellarne l'impurità e poi il gesto di ospitalità di lavare i piedi all’invitato, servizio che veniva svolto dal padrone di casa o da un suo servitore.

Abigail quando le fu chiesto da re Davide di divenire sua moglie rispose: “Ecco la tua schiava come serva per lavare i piedi dei servitori del mio signore” per esprimere la sua sottomissione a colui che amava e che intendeva sposare. Speciale segno di umiltà e di riguardoso affetto verso gli ospiti era che il padrone o la padrona di casa lavasse personalmente i piedi ai visitatori.

Quindi, Giotto, con l'immagine di Gesù con un panno attorno ai fianchi e intento a lavare i piedi dei suoi amici, intende simboleggiarne non solo l'umiltà affettuosa nei confronti di chi è a Lui caro, come quella compiuta da un padrone di casa premuroso con l'ospite gradito, ma anche la sua azione di purificazione spirituale.

Affidarsi alle Sue cure significa diventare puri, grazie al Suo amore umile che fa superare le barriere che dividono umanità da divinità.



Nel Bacio di Giuda abbiamo una serie di antitesi che si esprimono nei concetti traditore/tradito; aggressori/aggrediti; immobili/agitati.

Gesù e Giuda fungono da perno attorno al quale si dipana l'azione concitata di soldati e discepoli: chi si difende, chi attacca, in uno scorrere vorticoso del Tempo, mentre, nell'immota fissità dello sguardo tra Gesù e colui che fu suo amico, si estende l'eterno attimo in cui un uomo si perde per sempre, precipitando e un Altro inizia la sua dolorosa ascesi verso la felicità, non solo Sua, ma di tutto il Mondo.

Quello è l'attimo fatale, nel Tempo, prima del Tempo, fuori dal Tempo, in cui inizia il vero grande cambiamento dell'Umanità che sarà riammessa a godere, se meritevole, dei privilegi divini perduti in seguito al Peccato Originale.

Giotto dipinge di giallo il mantello di Giuda che avvolge Gesù nel vortice della trasformazione: era libero e sarà catturato, Principe della Vita, sarà ucciso.

Giuda, cui Giotto assegna uno sguardo bieco e una turpe espressione, non può sapere però che il Figlio di Dio tramuterà tale letale mutazione in una trasformazione luminosa e gioiosa, e che come la mitica fenice, risorgerà dalle proprie ceneri più forte di prima.



Anche la scena successiva, Cristo davanti a Caifa, è articolata in antitesi: calma/rabbia, impeto/indifferenza, tempo/eternità.

Hanna e Caifa sono seduti su uno scranno, simbolo dell'autorità che esercitano.

Mentre tutti gli astanti si agitano, discutono, aggrediscono verbalmente, si muovono in modo scomposto, Gesù è immobile al centro, lo sguardo che fissa un punto fuori dalla dimensione terrena, indifferente alle grida, alle domande, agli urli intorno a Lui.

Fortissima la comparazione fra Caifa che si strappa le vesti, in perfetta similitudine all'allegoria dell'Ira, nel ciclo dedicato ai vizi e alle virtù, e Gesù, calmo, imperturbabile.

Le mani legate, indice della sua condizione di  prigioniero, sono incrociate, premonizione del suo futuro imminente.



Nell'ultima scena, Cristo Deriso, vi è la rappresentazione simbolica del mondo alla rovescia, in cui il sovrano dell'Universo è denigrato e umiliato, in cui i simboli regali, corona e scettro, vengono sostituiti da oggetti di tortura, e chi è inginocchiato o inchinato non lo fa per onorare ma per schernire.

Giotto lo dipinge sofferente e paziente, ma in un regale abito d'oro finissimo, in attesa che si compia il tempo del dolore, prezzo necessario da pagare per la redenzione dell'Umanità.

SIMBOLOGIA DEL CICLO DI CRISTO ALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI - TERZA PARTE SIMBOLOGIA DEL CICLO DI CRISTO ALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI - TERZA PARTE Reviewed by Polisemantica on mercoledì, marzo 20, 2019 Rating: 5

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