Parte oggi "Primo piano", rubrica che intende puntare un riflettore sulle opinioni di personaggi in primo piano nella società civile.
Intellettuali, esponenti politici, direttori di testate, studiosi, giornalisti e filosofi esporranno il loro pensiero, di volta in volta, su tematiche "scottanti" riferite però sempre al rapporto con il mondo della comunicazione.
Oggi è in primo piano il contributo di Emanuele Boffi, direttore di Tempi, periodico di ispirazione cattolica.
Ha scritto "Emilia e i suoi ragazzi. L'opera civile della fede" e ha collaborato con quotidiani come "La Verità" e "Il Foglio".
L'argomento di riferimento è il rapporto tra politica e comunicazione.
1) Dal punto di vista comunicativo, come è cambiata la politica dalla Prima alla Terza repubblica?
Prima il rapporto tra il leader e l'elettore era mediato da una rete diffusa di consenso, oggi è immediato (cioè non è più mediato). Ciò è dovuto alla scomparsa o rarefazione dei cosiddetti corpi intermedi (tra cui i partiti, appunto).
Non penso sia un bene, anzi. Così, infatti, non c'è più rapporto personale, possibilità di spiegazione, contatto "umano". Inevitabilmente la comunicazione – soprattutto attraverso i social – si deve ridurre a slogan, perché il processo di persuasione delle proprie ragioni per le quali si chiede il voto deve essere rapido, quasi istantaneo e non frutto di un vero confronto.
Certo, la politica della Prima Repubblica aveva le sue liturgie piuttosto noiose, ma credo che questo nuovo modo di comunicare abbia le sue controindicazioni. Lo vediamo anche dalla volatilità dei consensi: leader che parevano sulla cresta dell'onda, in breve tempo, si ritrovano nella polvere.
La comunicazione come il consenso si è fatto volatile: un grave danno per la stabilità di un Paese.
2) Possiamo parlare di story-telling solo riferendoci alla comunicazione politica di Lega e Cinque Stelle o anche delle opposizioni? Quali sono stati gli elementi narrativi vincenti e perché?
Lo storytelling è una delle sciagure del nostro tempo. Ormai ne vanno tutti pazzi, dai 5Stelle alla Lega a tutti gli altri.
Non so quali siano gli elementi vincenti, sono la persona sbagliata cui rivolgere questa domanda.
3) Vi sono essenzialmente ragioni comunicative e di marketing alla base della recente disfatta elettorale dei partiti tradizionali o ritiene che l'avvento dei partiti e movimenti populisti e sovranisti sia parte di un inevitabile e vichiano ricorso storico, come già avvenne al tempo della Rivoluzione Francese o durante i moti libertari nelle guerre d'Indipendenza italiane?
Semplificando molto: i movimenti populisti sono la risposta al globalismo e al politicamente corretto in cui erano ricaduti i partiti tradizionali.
È il tentativo di dare una risposta a una visione del mondo che si ritiene esclusiva. Sì, qualche rimando storico può essere fatto, tenendo conto delle debite differenze.
4) Quanto la rivoluzione digitale ha influito e influisce nella vittoria dei partiti e movimenti populisti e sovranisti in Italia, in Europa e nel Mondo?
Anche qui, semplificando molto: la rivoluzione digitale ha aiutato prima Obama e poi Trump, prima Renzi e poi Salvini.
I secondi hanno imparato dai primi i "trucchi del mestiere" e si sono dimostrati capaci di usarli a loro vantaggio.
PRIMO PIANO SU EMANUELE BOFFI
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martedì, marzo 12, 2019
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