Cosa ci racconta Hieronymus Bosch, enigmaticamente, in uno dei suoi capolavori, attraverso una minuziosa simbologia?
I Sette peccati capitali è un dipinto realizzato intorno al 1500 dall'artista fiammingo e conservato nel Museo del Prado di Madrid.
L'allegoria dei vizi e del percorso ultraterreno alla fine della vita di ognuno ha una dicotomia, essendo formata da un testo scritto e da uno visivo.
In questa immagine abbiamo l'icona stilizzata di un'iride e una pupilla che sottendono appartengano a Dio. È implicito nel testo visivo il fatto che Dio tutto vede e giudica e vi è un rimando alla frase evangelica "Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto".
L'ammonimento è reso esplicitamente nella frase del cartiglio, in latino "Attenzione, attenzione, Dio vede"
Al centro appare Gesù risorto, "pupilla" di Dio.
Ai quattro lati dell'iride appaiono quattro piccoli medaglioni, rappresentanti la Morte di un peccatore, il Giudizio Universale, l'Inferno e il Paradiso.
Si tratta di un percorso sequenziale e concettuale, filosofico e teologico, della sorte ultraterrena dell'Uomo che dopo aver oltrepassato la soglia della morte è sottoposto al giudizio finale e in seguito alla sentenza sarà destinato all'eterna beatitudine o all'eterno dolore, senza appello.
Sui cartigli appaiono altre frasi di ammonizione: "È un popolo privo di discernimento e di senno"; "se fossero saggi e chiaroveggenti, si occuperebbero di ciò che li aspetta"; " Io nasconderò il mio volto davanti a loro e considererò quale sarà la loro fine"
Nel medaglione della morte, appaiono la prosopopea della morte, che nascosta dietro al letto sta per colpire il malato con la sua letale freccia. In alto le icone di un demone e di un angelo, simboli del Male e del Bene, che il morente ha ascoltato o no durante tutta la sua quasi terminata esistenza.
L'icona del Crocifisso, in mano al frate genuflesso è simbolo dell'estrema possibilità di redenzione che ognuno ha, sino all'ultimo istante.
Nel medaglione del Giudizio finale, Cristo, con una spada, simbolo di giustizia e un giglio, simbolo di purezza, è seduto sull'icona del mondo per simboleggiare il suo dominio sull'Universo finalmente purificato, mentre gli angeli richiamano in vita i corpi di quanti sono deceduti.
Nello splendore policromo e dorato del Paradiso sono attesi tutti coloro che hanno agito seguendo i principi del Bene. Alla porta, accolti da San Pietro, riconoscibile per l'aureola simbolo di santità, i beati si accalcano per entrare. Un demonio vorrebbe rubare ancora, sino all'estremo limite, una preda, ma l'angelo guardiano lo trafigge con la croce, simbolo di vittoria e protezione. Il Male non ha più alcun potere sull'Uomo liberato da Dio.
Sorte differente attende i malvagi, che nell'ultimo medaglione sono torturati eternamente dal rimpianto della eterna felicità perduta e dal rimorso per i propri peccati, enumerati dai cartigli e simboleggiati dalle figure demoniache presenti.
Rospi, ramarri, mostruosi volatili e cani neri sbrananti rappresentano simbolicamente "sub specie animalis" le ragioni della perdizione dell’anima: smodato piacere sessuale, smodato piacere della tavola, smodato amore di sé. Le pene sono iperboliche perché iperbolico è stato l'abuso dei naturali moti umani.
Le sette scene dell'"iride" mostrano i peccati capitali, ciascuno con la propria indicazione in latino: in basso si trova l'Ira, poi in senso orario Invidia, Avarizia, Gola, Accidia, Lussuria e Superbia.
L'Ira è rappresentata con una rissa tra due paesani ubriachi, mentre una donna cerca di calmarli.
La donna è prosopopea della Temperanza che desidera riportare ordine ed equilibrio. I codici gestuali e mimetici raccontano il disordine dello spirito, gli oggetti sparsi in modo scomposto, con i loro codici prossemici ci illustrano il disordine che i comportamenti violenti portano nel mondo. Sempre i codici prossemici, che ci mostrano l'uomo che ha in testa una seggiola, simboleggiano il modo grottesco di ridursi, quando si è preda del vizio che rende disumani e ridicoli, oltre che pericolosi. Le armi sono il simbolo dell'aggressività.
L'Invidia è raffigurata mediante il proverbio fiammingo "due cani con un osso difficilmente raggiungono un accordo".
L'immagine mostra infatti due cani che non si interessano alle ossa davanti a loro, che potrebbero gustare insieme e con grande soddisfazione, ma aspirano all'osso tenuto in alto; Per similitudine, la coppia aspira con invidia alla condizione di un elegante nobile con il falco in mano, così come la figlia che si rivolge dalla finestra a un pretendente, del quale desidera soprattutto il grande portafoglio, simbolo di ricchezza.
L'uomo che porta il pesante sacco sulla schiena simboleggia la condizione di quanti sono oppressi da questo vizio, pesante, insopportabile, che li fa soffrire durante tutta l'esistenza e per il quale, inoltre, saranno puniti.
L'Avarizia (nel senso di avidità, cupidigia, come dalla esatta traduzione dal latino) mostra un giudice (riconoscibile dai codici dell'abbigliamento) disonesto, che accetta denaro di nascosto da uno dei contendenti, mentre l'altro gli parla spiegandogli le sue ragioni. Il giudice ha la borsa ben in vista, per simboleggiare la sua cupidigia nel riempirla di denaro. Pare sentir risuonare il motto latino dell'Eneide di Virgilio." Quid non mortalia pectora cogis, aura sacra fames"
Nella Gola due contadini mangiano e bevono smodatamente, davanti a un bambino obeso, simbolo delle conseguenze terrene dell'abuso dei piaceri della tavola. Anche qui i codici prossemici evocano l'idea del disordine, non solo fisico, ma spirituale.
L'Accidia è simboleggiata da un personaggio che dormicchia in un'abitazione accogliente, davanti a un camino, mentre una suore, prosopopea della Fede, lo esorta per ricordargli i suoi doveri di preghiera.
L'accidia, la noia, il malcontento e insieme l'incapacità di reagire e di vivere, di usare il tempo che ci è stato donato, sono vizi che portano all'inattività e quindi a una profonda inutilità e spreco della propria esistenza. Per similitudine il cane, simbolo della fede, della lealtà, dell'onestà che per esistere deve manifestarsi in azioni concrete, sonnecchia, come il borghese con il morbido cuscino. Ha in mano una candela, simbolo di fede, di speranza, di ricerca, ma essa è spenta.
Nella Lussuria due coppie di amanti banchettano sotto un tendone rosato, rallegrate da buffoni. Anche qui i codici prossemici mostrano il disordine degli oggetti simbolici sparsi sul prato: strumenti musicali che in Bosch spesso alludono al fiato demoniaco, e che sovente simboleggiano la smodata passione. Vi è anche una similitudine tra gli amanti e i due buffoni, grotteschi e ributtanti nei loro atteggiamenti e per i loro codici gestuali e mimetici. Non Uomini, ma esseri deformi.
Nella Superbia infine si vede una donna di spalle intenta a provarsi un'acconciatura, mentre un diavolo le regge lo specchio, simbolo insieme di futuro e di vanità. Un cassone è pieno di gioielli, simbolo di vanità anch'essi. Il demonio indossa la medesima cuffia della donna vanesia, mostrando con le sue sembianze il suo futuro, da trascorrere insieme a lui nel regno dell'angoscia e della desolazione.
Insomma, ogni immagine rappresenta una mancanza di modo, di misura. I peccati sono tali in quanto iperboliche deviazioni di naturali (e quindi, in origine, innocenti) tendenze umane.
Ma le iperboli sono per loro natura esagerate, quindi disordinate e perciò deformano orribilmente l'ordine divino e la sua gioiosa armonia, il comportamento dell'Uomo e la sua natura, corporea e spirituale, creata "a immagine di Dio".
I SETTE PECCATI CAPITALI DI BOSCH
Reviewed by Polisemantica
on
sabato, ottobre 05, 2019
Rating:
Nessun commento:
Posta un commento