Il Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell'Arca, conservato a Bologna nella chiesa di Santa Maria della Vita, è un'opera dalla potente carica drammatica, trasmessa in gran parte dai codici gestuali dei vari personaggi rappresentati.
Il Compianto sul Cristo morto è un soggetto molto importante dell'arte figurativa, divenuto popolare a partire dal XIV secolo e soprattutto nel Rinascimento.
In esso viene rappresentato Gesù dopo la sua Deposizione dalla Croce, circondato da vari personaggi (codici prossemici) che ne piangono la morte.
Nei Vangeli e nello specifico, nel racconto della Passione di Cristo, la scena del Compianto si colloca tradizionalmente tra quella Deposizione dalla Croce e quella della Deposizione nel Sepolcro.
I personaggi rappresentati sono coloro che, secondo i Vangeli, assistettero alla morte di Gesù in Croce e si occuparono della sua sepoltura: Maria, l'apostolo Giovanni, la Maddalena e le pie donne, Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo.
Nel campo della pittura un esempio precoce e notevolissimo di Compianto è quello realizzato da Giotto nel ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova.
Il Compianto di Giotto affrescato a Padova, nella Cappella Scrovegni. |
Le figure a semicerchio intorno al Cristo morto nel Compianto di Niccolò dell'Arca |
Per quanto riguarda le categorie topologiche, al centro del semicerchio ideale sta il Cristo morto, disteso con la testa reclinata su un cuscino e attorno si dispongono le altre figure.
La disposzione a semicerchio delle sculture, con al centro il Cristo Mort, favorisce l'immedesimazione dello spettatore. |
Anche se la disposizione attuale è frutto di una valutazione a posteriori, il significato è comunque evidente. Lo spettatore, ponendosi sull’arco opposto rispetto a quello delle figure in piedi, ne completa il cerchio, divenendo così partecipe del dramma espresso dal gruppo scultoreo.
Il 19 settembre del 1906, Gabriele D’Annunzio compie una visita alla chiesa di Santa Maria della Vita a Bologna e, di fronte al Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell'Arca, si lascia suggestionare dalle sculture che ha di fronte a lui, al punto di riportare alcune impressioni sui suoi Taccuini.
"Le Marie intorno sembrano infuriate dal dolore - Dolore furiale. Una verso il capo - a sinistra - tende la mano aperta come per non vedere il volto del cadavere e il grido e il pianto e il singulto contraggono il suo viso, corrugano la sua fronte, il suo mento, la sua gola. L’altra con le mani tessute insieme, con i cubiti in fuori, ammantata piange disperatamente. L’altra tiene le mani su le cosce col ventre in dentro e ulula".
Il corpo di Gesù disteso appare magro, smunto, con la bocca socchiusa, che ci fa provare un misto di compassione per la sua condizione.
A fianco a lui, sulla sinistra, inginocchiato, Giuseppe di Arimatea fissa lo spettatore incredulo, con il martello e le tenaglie, gli strumenti (indici) con i quali ha appena tolto Gesù dalla croce e inserisce il dramma nella storia, in quanto fa idealmente da tramite con la precedente scena della Deposizione.
Al centro, in piedi troviamo, san Giovanni. Osservandone il volto scopriamo che cerca di non farsi sopraffare dal dolore, ma questo suo tentativo non può comunque impedirgli di piangere amaramente mentre osserva il corpo senza vita del suo maestro.
Intorno al corpo di Gesù le figure di Giuseppe d'Arimatea, Maria Salomè e Maria. |
Maria, protesa in avanti con il corpo, tiene le mani giunte e lascia che il suo volto sia sopraffatto dal dolore disperato di una madre che ha appena perso il figlio.
Svolgendo lo sguardo troviamo la figura di Maria Maddalena, che corre verso Gesù, quasi come se la notizia della sua scomparsa la abbia appena raggiunta. La veste (codici dell'abbigliamento) è sollevata dal vento, in un turbine di emozioni, che anticipa di un paio di secoli gli esiti barocchi proposti da Gian Lorenzo Bernini.
Le iperboliche figure di Maria Maddalena e Maria di Cleofa. |
Maria Salomè poggia le mani sulle ginocchia quasi per sorreggersi, mentre Maria di Cleofa si porta le mani davanti al corpo, quasi a schermirsi da ciò che vede di fronte a sé.
Nella dolorosa partecipazione, comune a tutte le figure disposte in semicerchio, le sculture risultano, in relazione ai codici gestuali, più o meno composte. Questa apparente antitesi, non fa cadere però l’attenzione esclusivamente sulle prime, ma serve come espediente all'artista, per accentuare i codici mimetici delle seconde: infatti i loro volti mostrano tutto il dolore di questo straziante momento.
Quindi la drammaticità e il pathos di queste figure, che hanno pochi riscontri nella cultura italiana dell'epoca, almeno nelle opere pervenuteci, con i loro differenti gradi di intensità, pongono lo spettatore di fronte alle diverse “espressioni del dolore”, che dalla compostezza attonita di Giuseppe d’Arimatea, in un crescendo nell’impiego dei vari codici, giunge all’iperbole assoluta del sentimento, espressa pienamente dalla figura della Maddalena..
Nel video i capolavori di Santa Maria della Vita, le splendide figure di Niccolò dell'Arca e l'analisi completa del suo capolavoro.
IL COMPIANTO SUL CRISTO MORTO E I CODICI GESTUALI DI NICCOLÒ DELL'ARCA
Reviewed by Polisemantica
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martedì, marzo 06, 2018
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