In queste tipologie di discorso vi è sempre un referente, un responsabile del pensiero espresso e contemporaneamente si offre al lettore niente più che un punto di vista personale e soggettivo, quello di Marco, riguardo alla stanchezza.
Semioticamente parlando Marco è il soggetto dell'enunciazione.
Nella comunicazione di oggi, specialmente giornalistica, si tende ad abbandonare sempre più questi tre tipi di forme discorsive, sostituendole con una quarta, ovvero il discorso assoluto.
Nelle pagine dei giornali si trovano spesso frasi senza soggetto dell'enunciazione, anche quando si scrivono opinioni personali.
Leggere "Lavorare stanca" su una copertina di una rivista, spinge a far credere al lettore che quello sia un pensiero assoluto, una verità incontrovertibile senza contradditorio.
Somiglia al linguaggio usato da sempre dalla pubblicità (lava più bianco), ma è più subdolo, perchè non si limita a esaltare un prodotto (il pubblico ormai è abbastanza vaccinato per capire subito che si tratta di pubblicità e non di verità di fede) mentre i media della "informazione" esaltano un concetto, un modus vivendi.
I lettori tendono quindi a prendere come realtà assoluta ciò che viene proposto su un importante mezzo di informazione attraverso l'uso del discorso assoluto.
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E' un ulteriore pericolo per la libertà di pensiero, già grandemente compromessa.
Eliminare responsabilità e soggettività di chi esprime un parere, cancellandolo dal resto della frase, significa lanciare slogan pericolosi, in cui non sarà impossibile ritrovare, come motti del vivere, frasi quali "la libertà è schiavitù" espressi da un invisibile Grande Fratello.
IL DISCORSO INDIRETTO ASSOLUTO
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lunedì, agosto 28, 2017
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