A volte ritornano. Dopo la pubblicazione dell'articolo di Pasolini, il 17 maggio 1973, a commento degli annunci pubblicitari di Oliviero Toscani firmati da Emanuele Pirella, è successo di nuovo. La Pubblicità ha usato ancora parole della liturgia cristiana per commentare un evento puramente commerciale.
Il caso è scoppiato in relazione a questa immagine usata per promuovere l'evento "Roma cocktail week"
Aree semantiche uguali |
Già Pasolini, quasi 45 anni fa aveva commentato amaramente quella che gli appariva chiaramente come una deriva, non solo del sentimento religioso, ma dell'intera società scrivendo «l’accettazione della civiltà borghese capitalistica è un fatto definitivo, il cui cinismo non è solo una macchia, l’ennesima macchia nella storia della Chiesa, ma un errore storico che la Chiesa pagherà probabilmente con il suo declino» perché per lui la nuova borghesia, il nuovo soggetto politico “è il contrario della religione”
All'epoca il tutto avvenne senza che la Chiesa peraltro reagisse, se non attraverso le patetiche lamentele affidate ad un articolo dell’”Osservatore romano”.
Pier Paolo Pasolini |
Stavolta la Chiesa non si è espressa, ancora una volta, ma Il Comitato di controllo dello Iap, però, ha giudicato che quel cartellone viola l’articolo 10 del Codice di autodisciplina pubblicitaria sulle "Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona" in quanto "Una simile rappresentazione è suscettibile di creare offesa al sentimento religioso dei cittadini, meritevole di rispetto e di tutela, ponendosi in aperto contrasto con il dettato dell’art. 10 Codice.
È infatti evidente la volgarizzazione di elementi connotati da spiritualità nella religione cattolica, per suggerire aspetti fortemente terreni e provocatori - ha segnalato lo Iap - In molte decisioni il Giurì ha sottolineato la portata regolatrice dell’art. 10 del Codice, posto a tutela della sensibilità dei consumatori, i quali hanno il diritto di non essere urtati nelle più profonde convinzioni da campagne pubblicitarie che essendo strumentali ad interessi di natura prettamente economica non devono confliggere con valori tendenzialmente assoluti e di rango superiore".
Aree semantiche differenti |
Ora, dal punto di vista semiotico, le due pubblicità del passato sono molto diverse da quella attuale.
Infatti quelle d'epoca, si limitavano a fare ironia, creando un'inferenza tra l'immagine a sfondo sessuale e la contrastante frase evangelica. Creavano un dépaysement nel pubblico, ma non arrivavano a ferire così profondamente la sensibilità religiosa come quella a noi contemporanea.
Perché le prime sono ironiche e la seconda no? Semplicemente per il connubio fra immagini e parole.
Nelle immagini dei Jeans Jesus, nasceva un aperto ed esplicito contrasto, immediato, fra la frase, appartenente all'area semantica "sacra" e la figura, chiaramente allusiva, chiaramente provocatoria, appartenente all'area semantica "profana". Una sineddoche della cristianità in antitesi a una sineddoche allusiva al sesso.
Da lì nasceva l'ironia, che pure, all'epoca fece scalpore e ferì la sensibilità religiosa di molti.
Ora però molte cose sono cambiate. La profezia di Pasolini si è avverata, siamo diventati insensibili a tutto (anche se poi sono nate al posto di quelle precedenti molte altre "sensibilità", verso animali, cibi e prodotti bio, consumo di carne, diritti omosessuali e accoglienza dei profughi).
L'immagine in questione, che mostra un uomo con addosso l'abito ecclesiastico nero con tanto di collarino bianco mentre versa un cocktail in un calice con accanto lo slogan “Prendete, e bevetene tutti” non è ironia, ma parodia del sacro. Le parole e la veste, icona di un sacerdote cristiano, appartengono alla medesima area semantica sacra, ma il calice, che vorrebbe essere il simbolo dell'evento, è allusione troppo forte anche se in modo stilizzato del calice sacro che ospita il sangue di Cristo durante la liturgia. Non si cambia area semantica, non si produce ironia.
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Sarebbe stata ironia che la frase fosse stata unita a un'immagine contrastante, di un aitante barman che con fare ammiccante versava da bere, con lo "slogan" ricalcato dalla liturgia. Avrebbe infastidito qualcuno, certo, ma non sarebbe giunto al limite della blasfemia. Sarebbero state usate immagini e testo appartenenti ad aree semantiche in antitesi, o almeno in contraddizione.
Una cosa è la provocazione intelligente, altra è l'offesa e la mancanza di rispetto per le convinzioni altrui.
Ma in un'epoca che confonde l'ironia con la parodia, è inevitabile che non si senta più differenza tra provocazione e offesa.
IL FOLLE SLOGAN DI JESUS JEANS E LA PARODIA NON IRONICA
Reviewed by Polisemantica
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mercoledì, luglio 12, 2017
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