Rudy van der Velde dichiara in un'intervista che ha deciso di chiamare Criceti la mostra che inaugura con la Fondazione Maimeri: «Criceti è un modo per prendersi gioco del mondo dei critici (Cri-ceti=Cri-tici) in un simbolismo che vede molto spesso coloro che giudicano l'arte in una sorta di gabbia apparentemente dorata, in realtà una gabbia e basta.
Il critico pensa di essere uno spirito libero e invece si ritrova troppo spesso all'interno di un mercato di cui lui, prima di tutti, è vittima».
In questa dichiarazione troviamo un'assonanza e un'allitterazione (criceti e critici) che vuol essere non simbolo, come afferma van der Velde, ma metafora della condizione dei critici "ingabbiati" dalle esigenze di mercato, anziché (per antitesi) liberi di esprimere il proprio pensiero.
Affermare un concetto talvolta può comportare un’altra affermazione come conseguenza necessaria alla prima.
La domanda che sorge spontanea è: van der Velde, che è paradossalmente critico con i critici, non sarà quindi, implicitamente, anche lui in una metaforica gabbia a correre sul cilindro rotante della fama e del successo?
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Anche il non detto è quindi un codice comunicativo che deve essere interpretato e deve essere codificato e decodificato in modo esatto, così da evitare che il destinatario deduca concetti che non erano quelli che l’emittente voleva mettere “implicitamente” in rilievo.
VAN DER VELDE E L'IMPLICAZIONE DEI CRICETI
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sabato, maggio 27, 2017
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