Tiziana, l'avvocato cattivo, ha vinto l'edizione italiana 2013 di MasterChef, il talent culinario che impazza da molte settimane in televisione.
"Dietro questo successo c'è una macchina produttiva eccezionale - ha sottolineato, prima della finale, Fabrizio Ievolella, direttore della programmazione di Magnolia, che produce il programma -.
È una forma di racconto in forma molto complessa, e anche per questo non può essere in diretta, e la versione italiana è guardata con grande interesse all'estero al punto che un nostro sceneggiatore è stato chiesto per il MasteChef in Cina".
Ecco quindi l'ammissione di quanto già individuato nella nostra analisi precedente. Si tratta di una fiction, in pratica, in cui attori dilettanti interpretano ruoli narrativi, caratteristici del modello attanziale, insieme ad attori professionisti.
Ci sono i cattivi, i buoni, gli sfortunati, i deboli, i lamentosi, gli irascibili, in una serie interminabile di icone di tipi umani che ripropongono la metafora della vita di milioni di telespettatori.
Il pratica la cucina diviene metafora dell'ufficio, in cui ogni giorno - ma stavolta sul serio - c'è il capoufficio irascibile, il direttore arrogante, il collega gentile e quello infido, il merito spesso è puntellato dalla tracotanza, il demerito insultato a fini di sfogo personale o elevato a esempio in caso di personale tornaconto.
Insomma MasterChef è una allegoria dell'esistenza di tanti, che guardando il programma e immedesimandosi nei caratteri proposti, attuano una sorta di catarsi, proprio come accadeva nell'antica Grecia durante la rappresentazioni di tragedie e commedie.
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venerdì, febbraio 22, 2013
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