La cappella degli Scrovegni si trova a Padova e ospita il famoso ciclo di affreschi di Giotto dei primi anni del XIV secolo.
La cappella fu fatta costruire da Enrico Scrovegni, ricchissimo usuraio padovano.
Per la realizzazione Giotto prese ispirazione dagli scritti di Alberto da Padova, teologo agostiniano, oltre che dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, dai Vangeli apocrifi dello pseudo-Matteo e di Nicodemo e da altri testi della tradizione medievale cristiana, tra cui Il Fisiologo.
La cappella era in origine collegata al palazzo Scrovegni, abbattuto nel 1827.
Nel primo registro, nella parete sud, abbiamo il ciclo dedicato a Gioacchino e Anna, genitori della Vergine, articolato in sei affreschi:
Cacciata di Gioacchino
Ritiro di Gioacchino tra i pastori
Annuncio a sant'Anna
Sacrificio di Gioacchino
Sogno di Gioacchino
Incontro di Anna e Gioacchino alla Porta d'Oro.
Ogni affresco è ricco di una raffinata simbologia che aumenta il valore puramente estetico e stilistico dell'opera.
Nella "Cacciata di Gioacchino" vediamo la rappresentazione del primo episodio della vicenda che riguarda il padre della Vergine Maria, nonno di Gesù, prima del momento in cui ricevette, insieme alla moglie Anna, l'annuncio che avrebbero finalmente, e in tarda età, ricevuto da Dio la benedizione di un figlio.
Secondo la tradizione ebraica le coppie sterili erano reputate ignominiose poiché non benedette da Dio e questa situazione lacerava il cuore dei due anziani coniugi.
Gioacchino, proprio a causa della sua sterilità, viene cacciato dal Tempio in quanto indegno di sacrificare a Dio.
La scena è divisa in due sezioni antitetiche: a sinistra un sacerdote ebraico, con il particolare copricapo simbolo della condizione sacerdotale, che benedice un giovane, all'interno del Tempio, a destra un altro sacerdote i cui codici gestuali e mimetici, rappresentano la cacciata del mortificato Gioacchino.
Quindi abbiamo le coppie antitetiche giovane/vecchio, fecondo/infecondo, dentro/fuori, accettato/rifiutato e benedetto/maledetto.
Gioacchino, il cui capo è incorniciato dall'aureola dorata, simbolo di santità, indossa una veste rosa che a un osservatore moderno potrebbe sembrare poco adatta al personaggio, ma che anticamente era un colore che simboleggiava la felice sintesi tra coraggio e forza fisica maschile, rappresentati dal rosso e spiritualità, il cui simbolo era il bianco.
L'edificio è icona stilizzata di una chiesa e simbolo del Tempio di Gerusalemme. Il ciborio è a sua volta simbolo del Sancta Sanctorum in cui veniva conservata l'arca dell'Alleanza, la cui icona stilizzata appare nell'opera, con le Tavole della Legge.
L'agnellino che Gioacchino tiene in braccio, offerta rituale rifiutata dai sacerdoti ebrei, è simbolo di Gesù, che nascerà dal grembo della Vergine Maria, e che, a sua volta, Agnello Sacrificale, sarà rifiutato dagli Ebrei.
Nel secondo affresco del ciclo, il Ritiro di Gioacchino tra i pastori, i codici mimetici e gestuali di Gioacchino raccontano la sua mestizia e il suo scoramento. Vergognoso, sentendosi indegno, non ha l'animo di tornare a casa, dalla sua sposa che lo attende, e si ritira in montagna, cercando la solitudine.
Il cagnolino che lo accoglie è simbolo di fedeltà, quella che lui ha nei confronti di Dio e che il Creatore ha per lui.
Proprio mentre vuole allontanarsi da tutto e da tutti, incontra due pastori, riconoscibili per i codici dell'abbigliamento e per il vincastro, con un gregge, accanto a un ovile, simboli di ciò che Dio ha in mente di fare, attraverso di lui e Anna e soprattutto per mezzo di Colei che sarà loro figlia, l'Immacolata che darà alla luce la Luce del mondo, Gesù.
Pastori e gregge sono infatti simboli e premonizioni di quella che sarà la futura Chiesa di Cristo, con i suoi sacerdoti che condurranno i fedeli, rappresentati dalla pecorelle, al sicuro, secondo il divino disegno di salvezza.
Con il terzo affresco del ciclo, vi è un cambiamento di scena e l'attenzione dell'artista si concentra all'interno della casa di Gioacchino e Anna, proprio quando l'anziana donna, mentre il marito era andato a sacrificare al Tempio, riceve dall'angelo l'annuncio che diventerà madre, ottenendo finalmente la grazia invano chiesta a Dio per lunghi anni.
Anna è vestita di arancione, colore simbolo della vita, di cui, da quel momento è ricca. L'anziana donna porta in grembo Colei che sarà la madre di Dio, energia pulsante dell'Universo.
Con l'aureola dorata, per simboleggiare la sua esistenza santa e il suo futuro destino immortale, è inginocchiata e a mani giunte, riverente dinanzi l'annuncio divino.
Il letto ordinato e rifatto, allude alla sua condizione di castità e alla sua passata sterilità.
Quasi ogni elemento o mobile all'interno dell'edificio ha un preciso significato che va oltre il suo valore funzionale.
Il colore giallo delle cortine intorno al letto, è simbolo del cambiamento che è appena avvenuto nella sua vita, ma anche nel destino dell'Umanità, alla quale, grazie all'accettazione della missione materna proposta da Dio ad Anna prima e a Maria, anni dopo, sarà gratuitamente donata la salvezza e la vita eterna, con la restituzione dei privilegi divini perduti in seguito al Peccato Originale.
Nella stanza di Anna vi è una cassapanca, simbolo delle sue memorie, dei suoi ricordi, della sua vita trascorsa, prima che questo grande cambiamento irrompesse nella sua esistenza.
La donna in giallo, che fila la lana con spola e rocchetto, non è una figura di riempimento, bensì simbolo della vita femminile, attiva, del lavoro domestico, dell’amore per la casa e la famiglia, ma anche della propria missione da portare a termine nell'arco della vita.
La simbologia della filatura è infatti antichissima e risale alle figure mitologiche della Moire, Cloto, Lachesi e Atropo, personificazione del destino umano, che avevano il compito di mettere in atto l’esistenza assegnata a ciascuna persona.
Nel quarto affresco la scena cambia nuovamente e ci ritroviamo in montagna, ambiente rappresentato per sineddoche da due spuntoni rocciosi.
Su un altare Gioacchino ha sacrificato, finalmente, a Dio il suo agnello (il sacrificio consumato è dato per allusione dal fatto che sia rimasto sull'altare solo lo scheletro) e tale offerta è stata da Lui gradita, visto che appare la sua mano (sineddoche del Creatore) tesa verso l'anziano.
Questo antico sacrificio fatto da Gioacchino per chiedere la grazia di un figlio a Dio, è icona di quello che sarà il sacrificio eucaristico, la messa cristiana.
Appare infatti il celebrante, Gioacchino, l'altare, il gregge, simbolo dei fedeli, la divinità benedicente e l'angelo di Dio, Gabriele, riconoscibile dal ramo fiorito che tiene con sè e dall'aureola.
Nella quinta scena, il sogno di Gioacchino, torniamo all'ovile, simbolo della futura Chiesa, ove Gioacchino riposa, speranzoso.
Di nuovo appare il cane, simbolo di fedeltà, con i pastori e il gregge da curare.
Gioacchino forma una figura triangolare, che evoca l'idea di stabilità, fermezza, affidabilità, e contemporaneamente la sua schiena forma una linea diagonale ascendente, che richiama l'idea di elevazione al Cielo, dove incontra la diagonale formata dalla figura dell'angelo che lo rassicura, annunciandogli la nascita tanto attesa.
Interessante il ramo portato in mano dall'angelo, terminante in tre foglioline, simbolo della Trinità.
Infine, nella sesta scena, Incontro alla Porta d'Oro, abbiamo l'episodio finale del ciclo.
I due anziani sposi si incontrano, dopo aver ricevuto l'annuncio divino della nascita di Maria, e questo incontro avviene alle porte di Gerusalemme.
Il luogo implica che Anna avesse deciso di andare a cercare il marito per comunicargli la lieta notizia e che i due si siano incontrati a mezza strada, mentre Gioacchino si avviava per fare lo stesso con Anna.
L'arco d'Oro nell'edificio, è simbolo della città di Gerusalemme, ma evoca anche l'icona dell'arcobaleno, segno di riconciliazione tra Dio e l'Umanità, già usato per esprimere l'Alleanza tra Dio e il Suo popolo dopo il Diluvio Universale.
Il casto bacio e l'affettuoso abbraccio tra Gioacchino e Anna è simbolo dell'immacolata concezione di Maria, concepita, unica tra i viventi, senza peccato originale.
Le tre donne al seguito di Anna, indossano la veste bianca, verde e rossa simbolo delle virtù teologali di Fede, Speranza e Carità. La donna in nero è simbolo della condizione simile alla vedovanza subita da Anna sino a quel momento.
Grande è la tenerezza raccontata dai gesti dei due sposi, che esprime un amore grande e fecondo, nella coppia e per tutta l'Umanità che sarà benedetta dalla nascita del loro discendente, Gesù, contemporaneamente e paradossalmente loro nipote e loro Creatore.
ANNA, GIOACCHINO E LA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI DI GIOTTO
Reviewed by Polisemantica
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venerdì, febbraio 15, 2019
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