L'ANGELO STERMINATORE DI BUŇUEL E LA SUA SIMBOLOGIA



L’angelo sterminatore è un film del 1962 del regista surrealista Luis Buñuel.

Dopo una serata a teatro, una famiglia dell'alta borghesia invita nel proprio palazzo alcuni ospiti per una cena. La servitù, nonostante l'evento con così tanti invitati, si sente agitata e avverte l'esigenza di andarsene il prima possibile, anche a costo di essere licenziata dal maggiordono, che è l'unico che rimane.



Quando gli invitati, alla fine della festa, si decidono ad andarsene, si rendono conto che non riescono ad attraversare la porta, nonostante sia aperta. Da quel momento la situazione lentamente degenera, un uomo muore ed emergono in un climax ascendente, tutte le ipocrisie, la maleducazione, la volgarità e la violenza che i raffinati ospiti nascondono nel loro cuore, come sepolcri imbiancati.

L'opera cinematografica è ricca di simbologia e strutture semionarrative profonde che la rendono così efficace, convincente, paradossale e coinvolgente.



L'autore, che pure si è da sempre rifiutato di associare ai vari elementi una chiara significazione, rivendicando la libertà di interpretazione da parte del pubblico della sua opera, non manca, nonostante ciò, di inserire vari simboli che sono chiaramente leggibili alla luce del contesto escatologico in cui egli ambienta la sua opera.



Infatti Buñuel, che era “anticlericale ma non antireligioso”, permea il film di atmosfere apocalittiche. Lo stesso titolo, "l'angelo sterminatore" è tratto dall'Apocalisse di San Giovanni, e il film termina con una citazione ispirata all'ultimo libro del Nuovo Testamento.

"Poi l'Agnello di Dio salirà all'altare. E l'ultimo giudizio, la gabbia che imprigiona il peccato, si chiuderà per l'ultima volta, e sarà per l'eternità..."

che ricalca le parole del capitolo 20 dell'Apocalisse"Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'Abisso e una gran catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell'Abisso, ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni."

Altri riferimenti biblici, evangelici o comunque escatologici si ritrovano nel nome della via in cui si svolge la vicenda, "Calle de la Providencia", con un richiamo alla Provvidenza divina, nella presenza dell'icona dell’angelo del titolo, raffigurato su un pannello all’interno del salotto con tanto di spada, che nasconde l’armadio pieno di vasi dove i protagonisti svolgono le loro funzioni fisiologiche.

Il simbolo è chiaro. L'angelo di Dio conosce bene le sozzure delle anime dei protagonisti, rappresentate dai loro escrementi.



Interessante la presenza di due specie animali, l'orso e le pecore, che scorrazzano liberi per la casa,  e di una parte di una di esse, le zampe di gallina conservate nella borsetta di una delle ospiti.

L'orso è simbolo del Male che infesta la casa e le anime dei ricchi borghesi lì riuniti, tant'è vero che qualcuno esclama vedendolo “La bestia! Eccola! Saremo prigionieri finché non lascerà questa casa…”.

E' la consapevolezza del Male compiuto che impedisce ai protagonisti di abbandonare la stanza, rimanendovi progionieri. L'angelo sterminatore si limita a permettere che ciò accada, osserva il comportamento degli uomini e delle donne che si autoinfliggono la punizione e si ritrovano progionieri dei loro stessi peccati, della loro ipocrisia, viltà, lussuria ed egoismo.



Le pecore sono simbolo del Bene, della innocenza, della naturalità, della trasparenza, ma anche del sacrificio del Cristo, Agnello pasquale che si sacrifica per l'umanità.

L'agnello viene catturato, ucciso e consumato dagli affamati prigionieri di loro stessi, in una oscena parodia dell'Eucarestia, che non salva ma anzi danna definitivamente le loro anime.

Gli esseri umani si deformano, da eleganti e raffinati, diventano sporchi, laceri, maleodoranti, maleducati.



Affiorano esplicitamente i loro vizi e le loro paure, la loro malvagità, che li trasforma da esseri semidivini, quali sono stati creati, a bestie.

In uno dei dialoghi, uno dei convitati esclama, osservano un'altra ospite:

“Lei puzza di iena”

“ Che cosa?”

“Dico che lei puzza di iena.”


Il padrone di casa, Edmundo, diventa metaforicamente il "capro" espiatorio, venendo accusato di essere la causa della prigionia degli ospiti, avendo deciso di invitarli a cena a casa sua, dopo l'Opera.



Con le zampe di gallina portate nella propria borsetta, tipico simbolo satanista, una delle convitate decide di organizzare una seduta demoniaca, per invocare il diavolo e aprire le porte verso l'ignoto, verso una salvezza effimera che altro non è che l'anticamera dell'Inferno.

In tale contesto si celebra un rito animalesco insieme sacrificale e di fecondità, in cui Edmundo toglie la verginità alla valchiria, Leticia.

Nella vicenda si intersecano varie antitesi, fra cui la più esplicita è quella del rapporto eros/thanatos, sesso e morte.



Mentre il cadavere di uno degli ospiti giace in uno sgabuzzino, nello spazio accanto si consuma l'amplesso dei due fidanzati.

Intanto, mentre il paradosso dell'impossibilità di uscire da una porta aperta si consuma, la vicenda continua il suo svolgimento generando un modello attanziale in cui abbiamo:

Soggetto - i ricchi borghesi progionieri
Oggetto - uscire e tornare alla propria vita
Opponente - il misterioso impedimento mentale che gli impedisce di uscire
Aiutante - la riproposizione, alla fine, del medesimo schema di posizioni nella stanza dei vari ospiti

Il destinante e destinatari interni sono rispettivamente l'angelo sterminatore che ha generato la punizione e gli ospiti che finalmente riescono a uscire dalla casa.

Il destinante e destinatari esterni sono il regista e gli spettatori.



Viene a formarsi un quadrato semiotico:

I due elementi generanti sono gli opposti INNOCENTI e PECCATORI da cui derivano i NON INNOCENTI e I NON PECCATORI in uno schema di dinamiche di contrarietà, contraddizione e complementarietà.

Quando tutto sembra finito e i protagonisti si ritrovano in una chiesa per celebrare un "Te Deum" di ringraziamento, ecco che lo schema si ripropone. Non è più il salotto simbolo del carcere spirituale in cui essi vivono, ma l'edificio sacro si è ora trasformato nella loro ultima prigione.



Le pecore, (associate per similitudine alle masse operaie che devono sopportare l'ingiustizia), come sempre libere di muoversi, nella loro innocenza, si dirigono verso la chiesa dove tutti i ricchi borghesi sono rimasti prigionieri.

Ancora l'agnello sacrificale è pronto per la sua missione di liberazione dal Male e dalle sue conseguenze. Ma stavolta l'angelo sterminatore lascerà liberi gli uomini malvagi o li richiuderà per sempre e la "gabbia che imprigiona il peccato, si chiuderà per l'ultima volta, e sarà per l'eternità" ?

L'ANGELO STERMINATORE DI BUŇUEL E LA SUA SIMBOLOGIA L'ANGELO STERMINATORE DI BUŇUEL E LA SUA SIMBOLOGIA Reviewed by Polisemantica on lunedì, maggio 13, 2019 Rating: 5

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